Lutto nel mondo del cinema
Addio a Giuliano Montaldo, il Signore del Cinema
Il suo cinema da «Tiro al piccione» a «Sacco e Vanzetti»
Giuliano Montaldo o del carattere italiano nei momenti difficili: la caparbietà e l’energia, il talento e l’estro. Montaldo, scomparso ieri a 93 anni, è stato ricordato da tanti colleghi, amici, allievi, studiosi. Alberto Barbera, direttore della Mostra di Venezia, ne parla come di «un grandissimo regista, attore, il più grande raccontatore di barzellette, un vero signore. Uno dei protagonisti che hanno contribuito a fare immenso il cinema italiano nel dopoguerra». A Montaldo e a sua moglie Vera Pescarolo il pugliese Fabrizio Corallo ha dedicato nel 2020 il documentario Vera & Giuliano. Non una mera biografia, bensì il racconto di una storia d’amore cominciata sessant’anni fa e che ha continuato a vibrare di progetti e sogni comuni, come quello di tornare in Mongolia dove la coppia trascorse mesi faticosi e felicissimi per le riprese di Marco Polo diretto da Montaldo nell’81, un successo Rai venduto in mezzo mondo e suggellato da un premio Emmy, l’Oscar della Tv.
La passione fra i due nacque da un colpo di fulmine nell’ufficio del produttore Leo Pescarolo, scomparso nel 2006, fratello di Vera, che si chiama come la mamma, Vera Vergani, attrice teatrale e del cinema muto negli Anni ’10-20 del secolo scorso, ammiratissima Oltreoceano. La Vergani conobbe il comandante di Marina Leonardo Pescarolo durante una traversata atlantica e per amore abbandonò le scene (era la sorella del giornalista e scrittore Orio Vergani). Una bella storia di famiglia cui nel film di Corallo contribuiscono con le loro testimonianze la figlia Elisabetta Montaldo, artista, e Inti Carboni, il figlio di Elisabetta, oggi produttore e aiuto regista, stretto collaboratore dei nonni sul set.
È il milieu vitale, ironico e politicamente impegnato del cinema italiano fin dagli Anni ’50 in cui si colloca da par suo Montaldo, nato a Genova il 22 febbraio 1930 e formatosi alla scuola impareggiabile del Neorealismo. Il «marziano genovese a Roma» - per dirla con il titolo dell’autobiografia scritta qualche anno fa insieme alla studiosa Caterina Taricano - trova ospitalità nella casa di Gillo Pontecorvo in via Massaciuccoli nel quartiere Trieste della Capitale, una sorta di «comune» in cui vivevano tra gli altri il regista Franco Giraldi e il critico Callisto Cosulich.
Ex giovanissimo partigiano nella sua Liguria, Montaldo debutta come attore quasi per caso nel 1951 quando Carlo Lizzani lo sceglie per il film resistenziale Achtung! Banditi! insieme a Gina Lollobrigida, da cui era impossibile non restare abbagliati. Le foto sul set mostrano un bel ragazzone, che diremmo abbastanza somigliante a Nicholas Cage, il nipote di Francis Ford Coppola, il quale sarà poi il protagonista di Tempo di uccidere tratto dall’omonimo capolavoro di Ennio Flaiano sulla guerra d’Africa, diretto da Montaldo nell’89. Alla Resistenza Montaldo dedicherà anche il commovente L’Agnese va a morire (1976) ispirato al romanzo di Renata Viganò (da riscoprire sia il libro sia il film).
Invece l’esordio da regista del Nostro è un fiasco, sebbene il film resti bellissimo, Tiro al piccione (1961), ritratto di un giovane fascista della Repubblica di Salò e della sua tormentata presa di coscienza, uno scandaglio delle ragioni di un ragazzo «dalla parte del torto». Seguiranno altri titoli memorabili, tra cui va ricordato almeno Sacco e Vanzetti del 1971, la ricostruzione del tragico caso giudiziario che portò all’illegale condanna a morte dei due anarchici italiani nell’America del 1927. Il film fruttò il premio di Cannes per il miglior attore al barese Riccardo Cucciolla nel ruolo del pugliese Nicola Sacco (mentre Volontè interpreta il piemontese Bartolomeo Vanzetti) e diventò un simbolo della contestazione giovanile anche in virtù della celeberrima ballata Here’s to You composta da Ennio Morricone. A cantarla è la soave e battagliera Joan Baez, che Montaldo conobbe all’indomani del suo arrivo a New York grazie ai buoni uffici del giornalista Furio Colombo.
Il regista tributò un omaggio a Cucciolla al Bif&st 2010, poco dopo il decennale della scomparsa dell’interprete, con la proiezione di Sacco e Vanzetti, fra le cui comparse figura anche Roberto Cicutto, presidente della Biennale di Venezia. L’ha ricordato ieri lo stesso Cicutto: «Ho fatto la comparsa perché al tempo guadagnavo 15mila lire e l’idea di passare due settimane a Cinecittà era bella. Mi commuove ricordare questa cosa personale, ma Giuliano Montaldo avrebbe detto “The show must go on”». Già, lo spettacolo deve continuare, il cinema resiste.