Sabato 06 Settembre 2025 | 06:50

La risata del dio Momo sfida ancora il cielo

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

La risata del dio Momo sfida ancora il cielo

Troppo comodo fare comicità-progresso a favor di Costituzione, dandosela comunque da piccolo diavolo. Sfidare l’Olimpo è tutta un’altra cosa

Domenica 20 Luglio 2025, 18:54

02 Agosto 2025, 21:06

Nel Gargantua e Pantagruel di François Rebelais è detto che il re e il buffone «nascono sotto lo stesso oroscopo». In qualche modo si rincorrono, si assomigliano. Uno è in alto ciò che l’altro è in basso. E poi c’è quel canovaccio della comicità tradizionale che li vuole sempre destinati a scambiarsi di ruolo. Ma, a furia di insistere, nella disperazione dell’era presente, qualcuno si è convinto che il buffone possa essere davvero un buon re. In fondo, il jolly è un po’ dentro e un po’ fuori dal mazzo, come certe forme di populismo che sono eretiche e sistemiche insieme. E la rivoluzione, poi, violenta o democratica che sia, è alla fine «una festa» come ricordava Lenin, qualcosa cioè che ha molto da spartire con una potenza liberata.

Sono nati da qui i Grillo e gli Zelensky, da un humus che però dimentica una verità fondamentale: la comicità, come anche l’arte o il giornalismo, non è chiamata a costruire nulla. Né partiti, né governi. Piuttosto infastidisce, punge, mette alla berlina, colpisce, anche se non sempre a danno del Potere. Può persino avere una indiretta funzione collettiva, come sosteneva Henri Bergson nella sua visione del riso come strumento incruento di correzione sociale. Ma non edifica nulla. Al massimo decostruisce.

Lo avevano capito bene gli antichi che allo scherno avevano dato le fattezze del dio greco Momo, figlio della Notte ma privo di padre, cioè di «norma» o di «regola». Anzi, il padre dei padri, cioè Zeus, la «norma universale» è il suo bersaglio preferito, sfidato in nome di... nulla, cioè di una eresia liberatoria e fine a se stessa. Potenza pericolosa, il riso. Fasta e nefasta insieme. Da liberare, certo, ma sempre nello spazio controllato del teatro o nel tempo breve di una festa, mai sul palcoscenico sterminato della vita ordinaria. Ma questi dispositivi sono lontanissimi dalla coscienza del tempo presente. Come di tante altre cose, anche del riso non sappiamo che farcene. Magari lo votiamo, piuttosto che goderne.

Certo, l’Italia è rimasta per anni intrappolata in una comicità bidimensionale da cinepanettone, a cui solo la bigotta stupidità del politicamente corretto è riuscito a dare «dignità culturale», promuovendo quei film come espressione di uno spontaneismo che oggi appare liberatorio e risarcitorio del mondo in cui viviamo. Il compianto Pierino come eroe anti-woke.

Quella stagione, però, è passata e un’altra se ne apre: la stand-up comedy, come solitamente si definisce lo spettacolo in cui l’intrattenitore, in piedi (stand-up) e davanti a un microfono, si rivolge al pubblico «faccia a faccia» sfondando la celebre quarta parete. Fenomeno anglofono altrove già canuto, qui è esploso da qualche anno a questa parte, fuori dalla controllata comicità formato-famiglia alla Zelig. Siamo su un livello più alto, la vertigine si sente e non solo in America dove gli eredi dei puritani hanno lo scandalo facile. E così, fatalmente, torna giovane la vecchia questione posta da Charlie Chaplin sulla società che non sa ridere di Hitler. Qual è il limite? Fin dove si può spingere il comico? L’impressione è che la maggior parte dei monologhisti tenda ad infierire sulla piccola morale conservatrice delle «vecchie zie», come direbbe Longanesi, non essendosi accorti che le care signore sono morte da un pezzo. In sostanza, un vilipendio di cadavere. Qualcuno, più coraggioso, al pari del vecchio Momo si è messo in testa comunque di sfidare il «padre», cioè lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, che oggi, più che altro, è l’occhiuto tutore legale di minoranze di ogni tipo e sorta. Se una battuta sui russi o sugli uomini bianchi sembra sopportabile, qualunque essa sia, lo è meno se tocca donne, gay, trans, neri, obesi, ciechi. O magari ucraini e israeliani. Categorie che si fa fatica perfino a nominare presi come siamo dal terrore di offendere qualche anima bella dall’asterisco facile. Ma il nodo è tutto qua. Troppo comodo fare comicità-progresso a favor di Costituzione, dandosela comunque da piccolo diavolo. Sfidare l’Olimpo è tutta un’altra cosa.

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