Sottile è il crinale dell’amore, quando ad attraversarlo sono poesia e tormento. Sottile è il crinale lungo il quale rotolano emozioni; ma l’amore trafitto da poesia e tormento sempre trasforma sé stesso in una cruna via via più stretta. Dove, alla fine, è impossibile veder passare i cammelli e le rose. Le rose di Anna Achmatova, le rose di Amedeo Modigliani. Storia d’amore e di rose. Il profumo della poesia russa: l’anima, il delitto, il castigo, la resurrezione. L’arte del primo Novecento italiano, il suo strazio e le sue nevrosi. Tutto riassumibile in un verso di Guido Gozzano (“La signorina felicita”): “Tu non fai versi. Tagli le camicie per tuo padre. Hai fatto la seconda classe, t’han detto che la Terra è tonda, ma tu non credi... E non mediti Nietzsche... Mi piaci. Mi faresti più felice d’un’intellettuale gemebonda...”.
Le rose di Anna Achmatova sbocciano in poesia. Poesia in forma di rosa per Amedeo Modigliani. Rose fatte dello stesso sangue di cui si nutrivano le rose di Dino Campana e Sibilla Aleramo, in anni vicini o quasi. Il sangue si mescola, sembra raggiungere il punto di fusione più alto e sublime, nel crogiolo dell’incontro. Finisce invece per produrre l’urlo lacerante di grigi occhi sgomenti, di mali colpevoli ascritti all’altro (oggi vilmente si sprecherebbero derubricanti narcisismi o incompatibilità zodiacali: “il toro non lega coi pesci” cantava Bugo). Finisce per tracimare, inondare, abbattere. Non cancellare. Perché ci si aggrappa alla “pace della sorte”, ma canterà per sempre “la tua voce soltanto” nei versi della poetessa. E per sempre saran care le aride labbra reciproche anche se non berranno più dallo stesso bicchiere “l’acqua o il dolce vino”. Anche se “al mattino non ci daremo baci” e soprattutto “a sera non guarderemo dalla finestra” quei due nella stanza in penombra mentre si amavano.
Eppure ribellione e creatività aleggiavano nella quieta stanza così simile alle stanze di Alexander Bloch, dove per poco, Anna e Amedeo divennero angeli accorati nel loro lontano tralucere. E una passione si consumava alimentata da un fuoco senza oblio né paura.
Stanze in cui si concentrava la vita, intorno al calore del vino, alla necessità di indugiare dentro uno sguardo e di esporsi in una conversazione, emanano ancora il loro aroma – un misto di profumo di donna, prese di tabacco, polvere dei vicoli, sentore di pioggia e vento impigliatosi tra i capelli e nelle tasche dei paltò, di brace ravvivata e fiati umani – che si solleva dalle calligrafie oblique nelle lettere firmate da Anna Achmatova in risposta a Modigliani. Che cos’è un’ossessione? “Lei è un’ossessione”, scrisse il pittore dopo aver incontrato la poetessa russa proprio in una di quelle stanze francesi, nel Café de la Rotonde a Parigi. Era la primavera del 1911, lei aveva vent’anni e lui ventisei. Questi ragazzi che si consegnavano al secolo con le loro vite estreme, perfette per dare qualcosa da scrivere ai biografi, ebbero appena il tempo di scambiarsi i rispettivi indirizzi – indispensabili per ritrovarsi e cominciare a sedursi per iscritto – prima di salutarsi come se si conoscessero da chissà quanto tempo. Tutto il codice del convenuto e dello sconveniente saltò nelle lettere che si scambiarono durante l’inverno seguente. E dopo un matrimonio deludente, l’Achmatova tornò da quel pittore al quale scrisse: “Al posto di una pacifica gioia volevamo un dolore che mordesse…”. Nel frattempo, Amedeo si era incupito, ma durante la loro seconda ed ultima stagione parigina si concesse il lusso della poesia vissuta con la destinataria delle sue lettere, una donna che in qualche modo confinò in quel carteggio e che non ritrasse mai dal vero, ma solo a distanza, sognandola a occhi aperti nella posa della Maya Vestida e della Maya Desnuda del Goya. Tutti quegli schizzi andarono perduti, eccetto quello che lei custodì gelosamente nelle stanze che abitò dopo essere tornata in Russia, per il resto della vita. Poche linee a formare l’iconica figura della poetessa russa che insieme a lui abitava una povera panchina nei parchi notturni di Parigi: “Mi diverte quando sei ubriaco e nelle tue storie non c’è senso. Un autunno precoce ha sparpagliato gialli stendardi sugli olmi. Ci addentrammo in un falso paese, ora ce ne pentiamo amaramente, ma perché sorridiamo di un sorriso strano e raggelato?”.