LECCE - «Chi ha ucciso Roberta Martucci è una persona che era molto vicino alla famiglia. Che aveva con lei rapporti personali e che conosceva tutto di lei, la sua vita privata e lavorativa. Non è stato un delitto a sfondo sessuale, l'ha uccisa perché era probabilmente a conoscenza di un segreto inconfessabile e quindi potenzialmente scomoda. Noi, io e l'avvocato Fabrizio Ferilli, legale della famiglia, abbiamo fatto nome e cognome di questa persona alla Procura di Lecce che finora non era stata mai sfiorata dall’inchiesta».
Per la prima volta, dopo aver assunto l’incarico di consulente di fiducia della famiglia Martucci, la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone, parla del risultato degli approfondimenti condotti in questi mesi su tutti gli atti prodotti dall’indagine sulla scomparsa della giovane di Torre San Giovanni, marina di Ugento, scomparsa all’età di 28 anni, la sera del 20 agosto 1999, dopo essere uscita di casa.
«In questa vicenda - ha detto - ci sono stati almeno nove tentativi di depistaggi operati dal nostro sospettato con messaggi, telefonate e fax inviati anche alla Procura in forma anonima e con l’obiettivo di far ricadere i sospetti sulle due amiche di Roberta, che invece sono estranee ad ogni contesto così come anche l’ex fidanzato di Roberta». La criminologa ha parlato del caso Martucci nel corso di Figilo, Festival dell’informazione locale, in corso a Gallipoli. Presente all’incontro anche Lorella Martucci, sorella di Roberta.
«Spero che ora si lavori nel senso giusto - ha detto Lorella Martucci - perché fino ad ora si è lavorato sempre nella direzione sbagliata».
L’inchiesta sulla scomparsa di Roberta Martucci, più volte archiviata, è stata riaperta nel settembre scorso su sollecitazione della famiglia dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone ed è tuttora a carico di ignoti.
















