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Morirono in 23 per un treno «bis»
«Quel convoglio non doveva esserci»

 
 Morirono in 23 per un treno «bis»«Quel convoglio non doveva esserci»

l'inchiesta sull'incidente Strage Andria-Corato

Venerdì 22 Dicembre 2017, 13:53

23 Dicembre 2017, 09:22

di Massimiliano Scagliarini

BARI - I ferrovieri che operavano sulla tratta della strage non erano in condizione di stress. Tuttavia hanno commesso una serie di errori gravi («una non corretta gestione del traffico» e «un non corretto intervento nella gestione degli incroci da parte del personale di bordo») che, uniti a otto cause «indirette» spiegano quanto avvenuto il 12 luglio 2016 sulla linea tra Andria e Corato. È questa la conclusione cui sono giunti i periti della Digifema, gli investigatori del ministero delle Infrastrutture, la cui relazione è stata pubblicata mercoledì: conferma - come la «Gazzetta» aveva anticipato - la scarsa formazione del personale di Ferrotramviaria. E accusa l’azienda di aver sottovalutato le conseguenze sotto il profilo della sicurezza dell’incremento di traffico generato dall’apertura della linea per l’aeroporto di Bari.

Sono temi delicati, perché si incrociano con le risultanze dell’inchiesta penale (chiusa la scorsa settimana): ne rafforzano alcune e ne affievoliscono altre. Anche criticando le scelte del ministero, che avrebbe sottovalutato le norme europee sulla sicurezza, in particolare il regolamento di esecuzione 402/2013 sulla valutazione del rischio: è vero che il sistema di blocco telefonico (la gestione dei treni con paletta e fischietto) in uso sulla linea Ferrotramviaria era autorizzato, ma «se fosse stato applicabile il Regolamento, a seguito di tale modifica l’azienda avrebbe dovuto, tra l’altro, effettuare una valutazione sull’accettabilità del rischio derivante dall’utilizzo del blocco telefonico a fronte di un aumento di traffico»: sulla Corato-Andria si è passati dai 39 treni del giugno 2007 ai 62 di nove anni dopo. Su quella stessa tratta, nell’ottobre 2014, si era già verificato l’errato invio di un treno sul binario già occupato: uno «spad» che, secondo Digifema, avrebbe dovuto far suonare un campanello d’allarme.

L’accusa della Procura di Trani si è spinta oltre, ipotizzando per i ferrovieri una situazione di stress collegata con l’aumento del traffico e con la necessità di Ferrotramviaria di non far ritardare i treni diretti verso l’aeroporto. Una circostanza che i periti del ministero escludono: i calcoli «confermano l’assenza di problemi di affaticamento dovuti alla turnazione dei lavoratori».

C’è poi un particolare tecnico, relativo alla dinamica dell’incidente. La ricostruzione converge con quella della Procura: il capotreno di Andria consentì la partenza del 1021 diretto verso Corato, senza ottenere l’ok del suo omologo di Corato e senza rendersi conto che la linea era ancora occupata dal 1016 con cui il 1021 avrebbe dovuto incrociarsi ad Andria. A confonderli, conferma Digifema, fu un treno supplementare, il 1016 bis, istituito per rimandare un treno da Andria a Barletta: il treno «bis», in base ai regolamenti di Ferrotramviaria, avrebbe dovuto seguire e non precedere il 1016 normale come avvenne quel giorno. I ferrovieri avrebbero dovuto istituire un treno straordinario, che avrebbe avuto un numero diverso e probabilmente avrebbe evitato quel tragico errore.

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