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Medicina, il caso delle scuole
a rischio chiusura. Il preside:
«Ora servono soldi e docenti»

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Medicina, il caso delle scuolea rischio chiusura. Il preside:«Ora servono soldi e docenti»

Il prof. Gesualdo: Salveremo chirurgia toracica, la situazione non è drammatica. Grave la mancanza di Chirurgia pediatrica e Neurochirurgia

Lunedì 30 Ottobre 2017, 11:20

BARI - «Quello che è accaduto deve spingerci ad andare avanti e diventare un polo di eccellenza. È arrivato il momento di fare una buona programmazione nel medio lungo termine». Ma, dice il preside barese di Medicina, Loreto Gesualdo, in Puglia la situazione delle scuole di medicina «non è così drammatica», nonostante le 19 già chiuse dal ministero della Salute per mancanza dei requisiti di accreditamento e le altre che hanno ricevuto solo un via libera provvisorio, revocabile nei prossimi due anni. «Bisogna investire sugli uomini migliori - dice Gesualdo -, se vogliamo una scuola di medicina forte servono i finanziamenti: negli ultimi anni sono andati in pensione più di 150 docenti che non sono stati sostituiti».

Tuttavia, professore, la perdita della scuola di cardiochirurgia è un danno enorme per tutti.
«È stata chiusa non per la mancanza dei due docenti o il mancato rispetto dei criteri Anvur sulla qualità, ma per un errore sul numero di interventi e procedure eseguite: invece di riportare i 320 che normalmente vengono eseguiti in una data specialità, ne sono stati riportati 32. Stiamo cercando di recuperarla. Con il concorso già bandito, che si è chiuso, più un volume di attività che supera abbondantemente i criteri ministeriali mi sento in una botte di ferro».

Non crede che serva una autocritica, soprattutto da parte del mondo universitario?
«Siamo arrivati a questo punto perché è mancata programmazione. Non si è guardato a 360 gradi, e solo alcune branche hanno avuto la possibilità di esplodere. Ma laddove ci sono medici interni bravi che hanno ottenuto l'idoneità e sono funzionali al mantenimento in vita delle scuole, bisogna procedere con le chiamate. D’altro canto, ginecologia ha sette idonei: possibile che possano diventare tutti associati?».

Ma non è solo una questione universitaria. Meno scuole significa meno formazione, gli specializzandi andranno fuori, gli ospedali rimarranno vuoti.
«È evidente che avere tutte le specializzazioni attive dà maggiore attrattività e consente a tutti gli studenti pugliesi di restare qui per formarsi, salva poi l’eventuale esperienza da fare fuori che secondo me è necessaria. La criticità maggiore al momento è che la Puglia non ha una scuola di chirurgia pediatrica né di neurochirurgia, per cui si potrebbe pensare anche a una federazione con Foggia: è quello che intendo con fare programmazione. Per la neurochirurgia, a Bari probabilmente nei prossimi 24 mesi dovremo prevedere un ulteriore docente: certo, avremmo dovuto farlo un po' prima».

Sarà banale, ma non trova che in Puglia esista un problema di qualità dell’assistenza?
«Abbiamo bisogno di abbattere la mobilità passiva. Per farlo bisogna puntare su uomini di qualità: se ce li abbiamo, dobbiamo puntare su di loro, se mancano dobbiamo fare scouting passando dai concorsi ma dobbiamo renderci appetibili. Il dg Dattoli ci ha lasciato una eredità importante, Asclepios 3, che sarà uno dei migliori dipartimenti toracico-vascolari italiane e d'Europa perché ha sei sale operatorie ibride. Chirurghi di qualità faranno a gara a venire a Bari, dando ai cittadini pugliesi l'assistenza migliore».

Cosa dice delle scuole accreditate con riserva?
«Sono legati al mancato rispetto di alcuni punti fondamentali. Ad esempio la mancanza di due docenti: è il caso di ematologia, dove c'è la professoressa Specchia, di valore assoluto, e dove il professor Albano ha già l'idoneità. Basterà trovare le risorse per la chiamata e salviamo la scuola. Stesso discorso per la psichiatria, dove il professor Bertolino è una eccellenza, e la neuropsichiatria infantile. Nefrologia non ha problemi. Chi invece ha problemi deve essere supportato».[m.s.]

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