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Taranto, tangenti alla Marina
Imprenditore: costretto a pagare

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Taranto, tangenti alla MarinaImprenditore: costretto a pagare

Le accuse contro l'ex direttore di Maricommi. Vittima ammette: portai busta piena di soldi

Venerdì 21 Ottobre 2016, 11:00

L’ex direttore di Maricommi Giovanni Di Guardo «mi ha costretto a pagare, non mi ha puntato la pistola», ma «diciamo che sulla base di Taranto era una consuetudine, lo immaginavo, non me lo ha detto nessuno. Sapevo che per poter lavorare dovevo pagare. Mi sono adeguato al meccanismo».
Sono le inquietanti rivelazioni dell’imprenditore Paolo Bisceglia, arrestato nell’inchiesta «Backhanders» che ha portato in carcere nove persone e smantellato secondo il pubblico ministero Maurizio Carbone una vera e propria associazione a delinquere che aveva preso il pieno controllo degli appalti affidati dalla Marina militare nelle basi di Taranto. Bisceglia è stato il primo degli imprenditori coinvolti nella seconda fase della tangentopoli in divisa che ha iniziato a svelare il funzionamento del «sistema». Nel suo interrogatorio, l’uomo ha infatti ammesso di aver pagato tangenti in denaro e non solo. Al comandante DI Guardo ha infatti fornito arredamenti per una delle sue proprietà. Non mobili qualunque, ma arredi del valore di ben 50mila euro. «È vero – ha confessato l’imprenditore in carcere a Pisa - che ho comprato dei mobili per la casa del DI Guardo per una somma complessiva di 50mila euro» per «ingraziarmi il suo favore per successive forniture, fondamentalmente per evitare intralci». A Di Guardo, insomma, non si poteva dire di no. Soprattutto se si aveva interesse a entrare negli affari tarantini. Già, perché come ha ammesso lo stesso Bisceglia «non avevo mai lavorato a Taranto, ma con il Di Guardo sì. Preciso che la base di Taranto si rivolge a dei mediatori e non direttamente ai rivenditori come noi». L’arrivo del capitano di vascello inviato per fare pulizie dopo la prima bufera giudiziaria, quindi, non solo non ha debellato l’illegalità, ma stando a quanto emerge dalla nuova inchiesta ha permesso ad alcuni imprenditori fino a quel momento lontani dalla base ionica di entrare nel business. Ma in cambio Bisceglia deve qualche favore al direttore di Maricommi. Non solo la fornitura di mobili o il pagamento di tangenti, ma anche altro: «Ad esempio – racconta ancora l’imprenditore - ho portato una busta da Taranto a Pontremoli che sapevo che era piena di soldi perché me lo ha detto il Di Guardo. Io non l’ho aperta non so quanti ne contenesse siccome io salivo alla Spezia, il Di Guardo mi ha chiesto di portare sulla busta». Il 15 luglio scorso, infatti, Bisceglia incontro Di Guardo per organizzare il trasferimento di denaro proveniente dalle tangenti ed evitare così spiacevoli sorprese nel caso di perquisizioni della Guardia di finanza:
Di Guardo: fai una cosa... fai una cosa...
Bisceglia: al limite la apro e vedo.
Di Guardo: bravo! Allora, tieniti... dieci, quindi, quindici li porti su, dieci tieniteli e gli spari portameli.
Bisceglia: perfetto! Ok.
Di Guardo: seimila quello che sono, cosi io li uso qua per...
Bisceglia: va bene! Cos! tu sai che io ... a me mi rimangono dieci.
Di Guardo: dieci.
Bisceglia: tutta la differenza ...
Di Guardo: tutto il resto lo porti su.
Bisceglia: va bene!
Di Guardo: anzi fa una cosa, senza bisogno che li conti, dieci te li tieni e il resto portalo su.
Bisceglia: perfetto!.
Insomma favori in cambio di favori. Tutto qua. «Il Di Guardo – ha aggiunto infatti Bisceglia – mi ha chiesto questo favore e perché avrei dovuto dire di no?».

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