Cosa resta del dissesto del Comune di Taranto a dieci anni dalla sua dichiarazione? Poco, tutto sommato, in termini numerici molto, invece, in chiave politica. Passata, presente e futura.
Dopo la fine, bruscamente anticipata, dell’Amministrazione guidata da Rossana Di Bello (Forza Italia), a Palazzo di Città si era insediato l’ex prefetto, Tommaso Blonda. Che, arrivato a marzo, dopo sette mesi, il 17 ottobre del 2006, mise la sua firma in calce alla delibera con con cui venne dichiarato lo stato di dissesto finanziario del Comune di Taranto. Si insediò un organismo straordinario di liquidazione (Osl), presieduto da Francesco Boccia, da otto anni deputato del Pd. E fu proprio di Boccia la frase divenuta poi celebre («È il dissesto più grande della storia repubblicana») che confrontava il crac d Taranto (920 milioni di euro di debiti in una città di appena 200mila abitanti) con quello di Napoli che ha quasi dieci volte i residenti del capoluogo ionico. Poi, dopo Boccia, venne il turno di Pazzaglia a guidare i liquidatori. Pazzaglia c’è ancora e, per dirla tutta, sino a quando l’organismo sarà operativo, il dissesto non potrà considerarsi formalmente concluso. È stata superata la fase quinquennale, quella del risanamento, ma la coda del dissesto si agita ancora. Tirando una riga, il dissesto del Municipio è quasi concluso. Quasi. Ma non finito. Potrà scriversi la parola «fine» solo e soltanto quando il ministero dell’Interno approverà il piano di estinzione predisposto dall’organismo straordinario di liquidazione. Da qual momento, i liquidatori avranno due mesi di tempo per redigere il rendiconto. E, a quel punto, l’Osl potrà davvero lasciare Taranto. Al Comune, però, poi spetta un obbligo di legge. Che gli impone di allegare al piano di estinzione il cosiddetto piano d’impegno. È, in sostanza, un documento con cui il Municipio s’impegna, appunto, a pagare i debiti residui ed a farlo entro tre anni. Oppure, attivando la leva del pre dissesto, potrebbe anche spalmare il debito residuo in trent’anni. E questo, naturalmente, renderebbe la questione decisamente più gestibile soprattutto se si pensa, per un attimo, alla zavorra dei Boc su cui il prossimo 8 novembre si esprimerà la Cassazione. Ma questo è un altro discorso.
Tornando al dissesto ed ai suoi numeri, a dieci anni di distanza, per quel che riguarda i debiti commerciali bisogna restituire circa 40 milioni di euro. Erano 35 ma, ultimamente, qualche sentenza ha fatto lievitare la cifra. Poi, bisogna riconoscere l’ulteriore 50 per cento (metà della somma è stata già accantonata dall’Osl) a quei creditori che non hanno accettato l’offerta transattiva. Si tratta di circa 34 milioni di euro. E, quindi, nel piano d’impegno il Comune dovrebbe prevedere le risorse per pagare i debitori per circa 75 milioni di euro. In realtà, non è finita qui.
C’è, a margine, dei pagamenti ancora da fare un elenco che trasmette qualche ansia ed inquieta i vertici dell’Amministrazione Stefàno che comunque ostenta tranquillità. Si tratta, in particolare, dell’elenco stilato dall’Osl e relativo alle cause pendenti che possono produrre, in caso di condanna per il Municipio, danni il cui importo oscilla intorno ai 95 milioni di euro. Ma non solo. Nell’elenco c’è anche il caso dei Boc. Che potrebbe portare le casse comunali a restituire almeno il capitale ricevuto nell’ambito del maxi prestitito del 2004 (giunta Di Bello, assessore al Bilancio Tucci) per 230 milioni di euro.
Taranto, 10 anni dal dissesto

Domenica 16 Ottobre 2016, 09:48