L’ultimo è Lagonegro, area sud della Basilicata. Quasi seimila anime, alle prese con vere e proprie acrobazie per far quadrare quei conti che da tempo non tornavano. L’anno scorso dalla Regione l’amministrazione riuscì a farsi dare un sostanzioso contributo, oggi, invece, la strada del crac è segnata. Da una sentenza della Corte dei Conti che ha «bocciato» il piano di riequilibro presentato, accusando l’Ente di «aver abusato dello strumento» e di non averlo «utilizzato come effettivo momento di efficientamento strutturale e concreto delle proprie patologie di insana gestione finanziaria». Per il Comune di Lagonegro il «buco» è di 6 milioni e mezzo di euro ed è stato causato anche dai costi della politica. Da quelle spese che, seppure «in un contesto di precarietà finanziaria sono aumentate invece di ridursi».
In Basilicata, però, la lista dei comuni in difficoltà è decisamente lunga. Almeno 80 comuni sui 131 complessivi. Più della metà e, nella gran parte, tutti al di sotto dei 3mila abitanti. Uno scenario da «guerra» che potrebbe portarli a seguire il destino di Lagonegro e dello stesso capoluogo di regione. Perché nonostante gli sforzi a pesare sui Comuni è quel mix tra il taglio dei fondi statali e la crisi economica che si abbatte pesantemente sulle famiglie. In poche parole i soldi a disposizione che diventano sempre meno.
Per fronteggiarlo spesso in Basilicata le amministrazioni bussano alle casse della Regione. Ed il «soccorso» puntualmente arriva. Come nel caso di Potenza, ad esempio, che dopo la dichiarazione di dissesto si è vista assegnare ben 32 milioni di euro. Fondi spalmati in cinque anni, ma che sono serviti a pagare debiti pregressi e a fronteggiare una situazione contabile decisamente drammatica. O come nel caso di Montescaglioso, comune del Materano, che i fondi non solo li ha ottenuti lo scorso anno ma conta di incassarli anche quest’anno. Con l’assestamento di bilancio che si deve votare a settembre. «La Regione quest’anno ci darà 500mila euro - spiega il sindaco Vincenzo Zito - ma di sicuro non salva il bilancio del nostro Comune. Certo, non siamo nella fase del crac, sia chiaro: stiamo andando nella direzione di un rientro dai debiti, anche grazie al piano di ri-equilibrio approvato nel 2103». Un percorso di stabilizzazione dei conti, quindi. Senza il quale ogni aiuto diventa inutile. Comprese le royalty, quei fondi del greggio di cui beneficiano i comuni di quella Val d’Agri, cuore pulsante della «Basilicata saudita». Comuni ricchi sì, ma non tanto da evitare il default. Perché, nonostante l’immagine collettiva di paesi dalle casse piene, quei soldi non possono essere certo consumati per la spesa corrente ossia per pagare stipendi o mettere riparo alle uscite impreviste. No, qui fondi possono essere utilizzati solo per gli investimenti e quindi, scuole, strade, opere di contrasto al dissesto idrogeologico. Certo, interventi importanti ma nulla in grado di fronteggiare i tagli ai finanziamenti di cui da anni soffrono i comuni italiani. Come conferma il presidente dell’Anci Basilicata, Salvatore Adduce. «I tagli che per troppi anni hanno interessato i municipi li hanno messi in grande imbarazzo - dice Adduce - Il numero di amministrazioni che si può trovare in difficoltà in Basilicata è piuttosto cospicuo: certamente una parte consistente la troviamo tra i Comuni di piccola dimensione. Faccio presente che per 70 Comuni sotto i 2.500 abitanti chiediamo alla Regione Basilicata di alimentare il fondo di coesione, istituito molti anni fa, e fortunatamente sostenuto negli ultimi due anni da via Anzio, sebbene con una piccola cifra. Quest’anno abbiamo chiesto di ricomprendervi anche i municipi fino a 3mila, abitanti, per un totale di 79 enti»
Insomma, si cerca di fronteggiare, Ma fino a quando? Lo scenario non sembra dei più limpidi. Certo, qualcuno si affida alla «finanza creativa», qualcun’altro punta sull’innovazione ma la strada resta una sola. Quella dell’aggregazione. Dell’unione dei comuni.
«È evidente che non c’è moltissimo da fare: la pressione fiscale è ridondante e non si può aumentare ancora - conclude il presidente dell’Anci - C’è, però, la legge che ci aiuta e chi impone l’unione dei comuni: bisogna unificare funzioni e servizi per prepararsi ad un futuro in tale direzione. L’unione non porta risparmi nell’immediato. Anzi, chiede subito investimenti. In un periodo a medio e lungo termine, però, questa strada se seguita porterà risultati».
Ottanta comuni lucani

Domenica 14 Agosto 2016, 10:09