BORDEAUX (FRANCIA) - «Ragazzi, stasera giocate anche per loro». Il lutto al braccio in campo, il dolore nel cuore sugli spalti. E il minuto di silenzio che si trasforma in un lunghissimo omaggio commosso di tutto lo stadio, tedeschi e italiani uniti da un lungo applauso. Ottomila chilometri di distanza tra Bordeaux e Dacca non sono sufficienti ad attenuare l'eco del terrore globale. La paura che per settimane ha attraversato le menti di giocatori, tifosi, dirigenti a Euro 2016 ora diventa dolore di uno stadio intero. Ieri il Bataclan o l'aeroporto di Istanbul, oggi la capitale bengalese, e il calcio non gira lo sguardo dalla parte opposta. Alla strage in Bangladesh gli azzurri hanno risposto con l’unico segno possibile, la fascia in segno di lutto al braccio. La notizia è arrivata in mattinata nel ritiro italiano, l’hotel Burdigala in pieno centro di Bordeaux, dove la nazionale preparava la partita contro la Germania, il quarto di finale dell’Europeo: quando ai dirigenti della nazionale è arrivata la conferma che c'erano connazionali tra le vittime, subito è partita la richiesta all’Uefa. E in campo è stato lutto, in segno di «commossa partecipazione» al lutto di tante famiglie.
Tra i circa 10.000 tifosi italiani arrivati al Matmut Atlantique Stadium - molti da casa, molti di più dalle comunità di Francia - la notizia si è diffusa più lentamente, via smartphone o con qualche telefonata da casa: la giornata era cominciata in giro per le vie della città, in cerca di un po' di sole tra il cielo grigio sulla Garonna. Qualcuno, addirittura, all’arrivo allo stadio nel tardo pomeriggio era ancora ignaro. I tifosi italiani, in maglia rigorosamente azzurra, sciamano verso l'interno del Matmut Atlantique. C'è la Germania, l’attenzione sembra alta, come anche la tensione per la partita. E’ forse anche per questo che l’angoscia non sembra abitare a Bordeaux.
«E' un giorno triste, davvero. Per l’Italia, per il mondo, per la pace - il commento di Giovanni Sciannimanico, un agente di commercio originario di Foggia che vive a Nizza -. Morire senza sapere il perché, in modo vile, per mano di assassini senza scrupoli. E’ una tragedia, speriamo di dimenticare queste cose fra un po', alla partita tiferemo, ma poi domani...».
Arriva un gruppo di tifosi con le maglie vintage dell’Italia: cantano l’ormai famoso «po-po-po-po», ma diventano scuri in volto appena si parla della strage in Bangladesh. «L'Italia stasera deve vincere anche in memoria di quei poveri Cristi che hanno perso la vita - il parere di Giovanni Bottura, un modenese che si trova in vacanza nella città patrimonio dell’Unesco e che non è voluto mancare alla classicissima del calcio europeo -. Hanno ragione Conte e i giocatori, anche la Nazionale contribuisce all’unità del Paese mai come ora necessaria. Bravi ragazzi a mettere il lutto. Io non so molto, perché mi trovo in vacanza e non sto seguendo la tv, però ho sentito dire che erano tanti italiani, che si trovavano in Asia per lavoro: non è giusto fare quella fine».
C'è anche chi non la vede così. E’ il caso di un ex impiegato dell’Uefa, Massimo Gonnella, svizzero di nascita, ma figlio di un lucano e di un’emiliana. «Politica e sport devono restare separati - dice - il lutto allora lo dovrebbero fare anche quando bombardano la Siria, seminando distruzione e morte. E poi, secondo me, politica e sport dovrebbero restare separati».
Per i francesi il ricordo delle stragi di Parigi è ancora molto vivo. «Non potrebbe essere altrimenti - osserva Alexandra, una volontaria che opera a Bordeaux - ho perso un’amica al Bataclan, una ragazza che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. E’ ora di dire basta una volta per tutte alla strategia del terrore».