di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Nel 2014 la Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia per le tante discariche abusive presenti sul suo territorio. Dopo sette anni di inutile attesa, Bruxelles aveva perso la pazienza. E la decisione fu pesante: 40 milioni di multa, più altri 42 milioni da versare ogni sei mesi fino alla completa bonifica. Finora lo Stato ha versato alla Ue 82 milioni, e adesso ha presentato il conto ai Comuni: chiede loro di pagare per i ritardi e le inadempienze, scatenando un putiferio a livello nazionale.
«Non pagheremo nemmeno un centesimo», disse, all’epoca, il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. Non è andata così. La lettera della Ragioneria generale dello Stato è partita il 1° aprile, ed ha raggiunto le 18 Regioni in cui sono dislocate le 218 discariche finite nel mirino dell’Unione. Ai Comuni sono stati chiesti 200mila euro per le discariche di rifiuti non pericolosi, il doppio per quelli pericolosi, da pagare ogni 6 mesi. In Puglia (si veda il box a lato) le discariche sono 12 dislocate in 11 Comuni, da Lecce (il più grande) fino a Binetto, poco più di 2mila abitanti: lo Stato chiede loro di restituire in totale 4,2 milioni di euro, pari a 388mila euro ciascuno tra penalità, sanzione semestrale e interessi. Per qualcuno, specie per i Comuni più piccoli, equivale al salasso. Ma non è nemmeno questo il problema principale.
Quando ci sono discariche abusive, la legge prevede che se il privato non provvede alla bonifica debbano pensarci i Comuni o, in seconda istanza, le Regioni. Il recupero delle sanzioni europee si basa invece su una norma, votata dal Parlamento nel 2012, che nacque proprio per un caso barese, quello di Punta Perotti: la maxicondanna da 60 milioni della Ue a fronte della confisca dell’ecomostro, condanna che presto o tardi ricadrà sul Comune di Bari. Ebbene: quella norma prevede che le Regioni siano responsabili in solido con i Comuni. E dispone che il recupero delle somme «può avvenire anche mediante compensazione, fino a concorrenza dei rispettivi importi, con altri trasferimenti dovuti dallo Stato». Significa che se i Comuni non pagheranno, le sanzioni verranno trattenute sui soldi dovuti alla Regione.
Quando è scoppiato il problema, Anci e Regioni hanno chiesto al Mef di aprire un tavolo tecnico. Dopo il confronto, il ministero dell’Economia ha accettato di sospendere il termine di 90 giorni per i pagamenti (decorrenza 1° aprile) in attesa di chiarire alcune problematiche. Ma nel frattempo stanno arrivando i ricorsi al Tar del Lazio, ed i primi a essersi mossi sono proprio i Comuni pugliesi. Lecce, ad esempio, che per la discarica abusiva «Grantur» di Bosco Buia scoperta nel 2006 fa notare di aver concluso la bonifica già a ottobre del 2013. E, soprattutto, di aver dovuto attendere i fondi per effettuare i lavori, che la Regione avrebbe stanziato nel 2009 ma avrebbe reso disponibili soltanto a novembre 2012. Obiezioni simili ha mosso anche il Comune di Presicce (con l’avvocato Ernesto Sticchi Damiani): la discarica abusiva di Casina dei Cari, scoperta nel 2001, è stata bonificata a metà dello scorso anno, e anche in questo caso i ritardi sarebbero imputabili alla mancanza di finanziamenti.
La questione, dunque, avrà anche una coda nelle aule della giustizia amministrativa. Ma l’ultima parola spetta proprio al ministero dell’Economia, che non pare disposto a rinunciare alla rivalsa nei confronti dei Comuni. In Regione Puglia seguono la questione con attenzione: «Al ministero - spiegano - abbiamo fatto notare che la responsabilità maggiore è dello Stato, che non ha attivato i poteri sostitutivi sulla vigilanza ambientale. E alcune condanne si riferiscono a discariche già bonificate». Insomma un «tutti contro tutti» che produrrà conseguenze inevitabili: 400mila euro a semestre, in un piccolo Comune, possono significare la paralisi totale e l’incremento massimo delle addizionali.