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Cassazione su sen. Margiotta
«Ecco perchè non fu corruzione»

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

tempa rossa

Le motivazioni della sentenza di assoluzione del senatore dem perchè "il fatto non sussiste"

Lunedì 06 Giugno 2016, 19:59

L’accusa di corruzione, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Potenza sugli appalti dei lavori per il centro oli 'Tempa rossà della Total in Basilicata su fatti risalenti al 2007, a carico del senatore dem Salvatore Margiotta, non era «configurabile» perchè - scrive la Cassazione nelle motivazioni dell’assoluzione del parlamentare - i comportamenti che gli sono stati contestati, e che il senatore ha sempre respinto, potevano rientrare, solo «in via teorica», "nel paradigma del 'traffico di influenze illecitè di cui all’art. 346 bis cp, sempre che ne sussistano i presupposti di legge; all’epoca dei fatti, però, non ancora previsto dal nostro ordinamento come reato, poichè introdotto» soltanto nel 2012 con la cosiddetta legge 'Severinò.
I supremi giudici, nella sentenza 23355 depositata oggi e relativa all’udienza dello scorso 26 febbraio conclusasi con l'assoluzione di Margiotta «perchè il reato di corruzione non sussiste», scrivono inoltre che «dinanzi a tale soluzione in diritto» - ossia la constatazione della mancanza di norme specifiche prima del 2012 - «ogni questione posta relativa all’esistenza o meno di una promessa di 200mila euro e della accettazione della stessa, perde ogni significato, rendendo superfluo a tale scopo» la celebrazione di un appello bis: con la conseguenza che l’annullamento è stato senza rinvio del processo ad altro giudice.
Quanto all’accusa di turbativa d’asta dalla quale la Cassazione ha assolto Margiotta con la formula «per non aver commesso il fatto», i supremi giudici rilevano che ci sono elementi «a sostengo del ragionevole dubbio» per via della "contraddittorietà» delle prove a suo carico. Secondo la Cassazione, i giudici dell’appello - che nel 2014 avevano condannato il senatore a un anno e sei mesi e all’interdizione dai pubblici uffici, dopo l’assoluzione di primo grado del 2011 - non hanno considerato «un punto significativo e incontrovertibile» a «fondamento» del primo proscioglimento.
Si riferiscono al fatto che Margiotta «compare nella vicenda dopo che l’intesa con i vertici della Total era stata verosimilmente raggiunta ed era già avvenuta la sostituzione delle buste relative alle offerte economiche custodite nella cassaforte della sede Total di Roma, ad opera dell’amministratore delegato Levha», come emerge dalle intercettazioni. La Sesta sezione penale della Cassazione, con forte orientamento garantista, ricorda che «la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza». Nel caso di Margiotta, in appello, secondo la Suprema Corte, non sono emersi argomenti «dirimenti e significativi» in grado di mettere in discussione l’assoluzione del primo grado dall’accusa di turbativa, ma il pm ha solo prospettato una «lettura alternativa del medesimo materiale probatorio» che la Corte ha impropriamente fatto propria: con la conseguenza dell’assoluzione del senatore disposta dai supremi giudici.

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