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Tutta Maglie in Piazza per ricordare Totò Fitto

Tutta Maglie in Piazza per ricordare Totò Fitto

 
Tutta Maglie in Piazza per ricordare Totò Fitto

Venerdì 30 Agosto 2013, 09:37

03 Febbraio 2016, 03:31

di TONIO TONDO
MAGLIE - Due ministri, di scuola democristiana, del governo delle larghe intese (Angelino Alfano, vicepresidente del Consiglio, e Maurizio Lupi), in prima fila; due ex presidenti del Consiglio (Massimo D’Alema e Ciriaco De Mita, il primo di scuola comunista, il secondo leader della Dc) e un ex ministro socialista, Claudio Signorile, al tavolo della presidenza; e poi parlamentari, consiglieri regionali, sindaci e amministratori in piazza Aldo Moro, gremita e attenta. Non è stata una semplice commemorazione, a 25 anni dalla morte in un incidente stradale, la sera del 29 agosto 1988 tra Francavilla e Brindisi, di Salvatore Fitto, presidente della regione e «politico di razza». Testimonianze, ricordi, aneddoti, qualche rivelazione: tutto questo fa parte della memoria. Ma ieri sera, duemila persone a Maglie, oltre a manifestare affetto alla famiglia Fitto (la moglie Leda, i figli Felice, Raffaele e Carmela e i fratelli Antonio, sindaco di Maglie, e Raffaele), hanno ascoltato pensieri di buona politica. La stagione berlusconiana va declinando, anche per ragioni anagrafiche. Inevitabile guardare al futuro. Come spesso accade, sulle spalle dei morti si costruiscono nuove prospettive. La figura di Salvatore Fitto, popolare e moderno, si presta a una rielaborazione per una nuova stagione, dopo l’effervescenza berlusconiana.

Il direttore responsabile della «Gazzetta del Mezzogiorno», Giuseppe De Tomaso, che ha condotto il dibattito, è stato cronista della politica. Ha conosciuto bene Totò, un irregolare anche nei rapporti con i giornalisti. Gli Anni Ottanta sono stati cruciali per le regioni e la politica nazionale. Spesa pubblica in aumento, crescita abnorme delle strutture regionali, rimborsi finanziari a rendicontazione, crisi dell Stato sociale: De Tomaso ha tallonato D’Alema, De Mita e Signorile cercando il filo profondo che lega quella fase alla dura attualità della crisi.

D’Alema era capogruppo del Pci alla regione con Fitto presidente. Ma si erano conosciuti prima, in avvio del decennio. «Primo eletto lui nella Dc, primo io nel Pci», ha ricordato con un pizzico di civetteria. Lui non ha timore di difendere il sistema dei partiti, la loro scuola e la selezione dei quadri. Prima la cucina e la preparazione della colla per i manifesti, poi la lenta marcia verso le cariche. Non era come adesso, con le liste bloccate e le carriere lampo. Quei partiti, incalza D’Alema, conoscevano il loro ruolo. «Tutti sulla stessa barca, con le contrapposizioni e il conflitto, ma senza farla affondare». L’interesse generale, prima di tutto. D’Alema con Fitto dialogava bene; i due parlavano di programmazione e di Sud, di ricerca e scienza, e di programmi di opere «in modo condiviso». «Sono stato contento che Raffaele, prima di candidarsi nel 1990, venne da me per chiedere consigli e io lo incoraggiai, certo speravo che lo facesse con i Popolari in alleanza con noi». Così andava la politica nella Prima Repubblica. Avversari, ma rispettandosi.

De Tomaso con Totò Fitto parlava anche di candidature e rivela, rivolgendosi a De Mita: «Mi disse che voleva candidarsi alle politiche del 1987 e che poi lei gli chiese di restare in Puglia, dove c’era bisogno di un buon presidente». De Mita, all’epoca segretario della Dc, replica: «E’ vero che venne da me, ma fu lui stesso a comunicarmi che ci aveva ripensato. Io ai presidenti del Sud chiesi di restare al loro posto, Totò era diventato un riferimento importante nel tentativo di riforma delle regioni». De Mita racconta come nacquero i suoi rapporti con l’esponente salentino. «Fu Walter Di Staso, segretario regionale, a presentarmelo con giudizi positivi. E’ vero, c’erano i gruppi e le correnti, ma ciascuno sapeva fare la sua parte, veniva prima l’interesse di partito. Totò Fitto mi fu presentato come uno degli uomini del futuro, Di Staso non si sbagliava. Da quel momento intensificammo gli incontri». E poi, rivolto a Raffaele Fitto, con una battuta: «E’ tempo che tu ti ravveda...»

Fitto era iperattivo, ma sapeva anche riflettere. Con una marcia in più, ma disponibile all’ascolto. Tutti d’accordo: generoso e aperto anche ai lontani. Con un buon pragmatismo trasversale che non guasta mai. Era la duttilità del vecchio sistema, costretto nelle gabbie ideologiche. Signorile, due volte ministro, al Mezzogiorno e ai Trasporti, con Fitto collaborò su diversi temi, dagli schemi idrici al Corridoio 8, dagli itinerari turistico-culturali al sogno di un’integrazione ionico-salentina come piattaforma di produzione e servizi per l’intero Mediterraneo. Suggestioni, emozioni e ricordi, di una vecchia politica che però fa la sua buona figura nei tempi del declino. I vecchi maestri non sono mai indulgenti con i nuovi arrivati. Giacinto Urso, 89 anni, era un po’ il padre politico di Totò Fitto. Urso sapeva seguire, a volte in modo severo, i più giovani. Quel sindaco di 26 anni di Maglie era una forza della natura. Dinamico, sempre sorridente, spericolato a volte, poco incline ai vecchi modi paludati e perditempo. «Bisogna modernizzare». La storia stava cambiando con velocità. Urso, uomo della vecchia generazione degasperiana, osservava, consigliava e riprendeva. «Totò sapeva ascoltare e fermarsi quando era necessario», confessa a una platea commossa. Le chiama «virtù» le cose buone della politica: la passione, la generosità, l’amore per la gente.

Tre ore di dibattito. Come ai vecchi tempi. Aprono Giorgio Tronci, presidente del consiglio comunale, Antonio Gabellone, presidente della Provincia e Onofrio Introna che presenta un corposo rapporto sull’attività di Fitto alla Regione. Conclude Raffaele Fitto che ringrazia annunciando la nascita di una Fondazione, la cui attività si svolgerà esclusivamente nei Paesi poveri dove la parola Welfare non è neanche conosciuta.

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