L'esame del Dna eseguito dai carabinieri del Ris di Messina, ha consentito di risolvere il giallo dell'uccisione di Roberta Riina. Dagli accertamenti erano emersi elementi a carico dell'uomo arrestato pochi giorni fa con l'accusa di violenza carnale. Zanini, aveva diversi precedenti penali per reati di tipo sessuale. E' addirittura accusato di avere usato violenza tre anni fa sulla nonna ottantenne. Per questo motivo, da allora, era rimasto in attesa di perizia psichiatrica e di sentenza, libero di aggredire e di uccidere. Fino alla sua ultima aggressione. Ma già nel 2003 per i carabinieri era un soggetto «pericolosissimo, capace di qualunque delitto e che può tornare a commettere reati». L'allarme però cadde nel vuoto.
«Non ho esitato a denunciare quell'uomo - aggiunge la vittima - i miei genitori sono morti e mi terrorizzava l'idea che quell'uomo potesse ancora andare in giro, che potesse riprovarci una seconda volta. Questa volta, magari, ammazzandomi. E quando lo hanno arrestato, mi sono sentita libera, come se la mia vita ricominciasse». Adesso vive in una casa famiglia: «Qui mi vogliono bene e mi sento protetta. Sto provando a recuperare la mia serenità. Ogni tanto penso a Roberta, alla sua fine orribile e ingiusta. Oggi però bisogna essere contenti: quell'uomo è in galera».
A suo favore è scattata una grande mobilitazione. Il commissario di polizia, Carmine Mosca, ha convinto il datore di lavoro a riassumerla, mentre il sindaco Giuseppe Motisi assicura: «Siamo pronti a difenderla e ad aiutarla in tutti i modi».
















