La pena più alta, però, è stata inflitta all’ex capo di gabinetto Gianfranco Madonna, condannato a quattro anni di carcere. Poi, due anni e tre mesi ad Andrea Pasquino, ex impiegato nella segreteria di Limone; due anni per Massimo Leone, amministratore unico della Euro elettronica dove sono stati effettuati gli acquisiti di elettrodomestici; quattro mesi per l’ex dirigente del settore urbanistico del comune di Lecce Raffaele Attisani.
Sentenza di assoluzione con formula piena, «perchè il fatto non sussiste», nei confronti di Pierpaolo Limone, figlio dell’ex Magnifico; Luigi Carità, all’epoca segretario amministrativo del dipartimento di Studi storici del Medioevo; Luca Pasquino, fratello dell’impiegato, e Gaetano Carrozzo, dipendente dell’Università del Salento ( solo per quest’ultimo il pm aveva chiesto l’assoluzione).
Per Limone e Madonna è stata disposta l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni. E ancora, Madonna, Limone, Pasquino e Leone saranno chiamati a risarcire il danno all’Università in separata sede ( l’avvocato Giulio De Simone aveva chiesto un milione di euro), condannandoli ad una provvisionale immediatamente esecutiva di diecimila euro.
C’è da dire che al termine di questo primo grado le accuse a sostegno di una delle inchieste più clamorose degli ultimi anni si sono notevolmente ridimensionate. Limone è stato ritenuto responsabile solo di quattro episodi di peculato. In particolare, di una cena del 3 marzo 2007 al ristorante Blu Notte per il quale venne chiesto un rimborso alla casse dell’Ateneo di 480 euro: agli atti, il Rettore avrebbe cenato con un non meglio indicato parlamentare salentino, mentre i carabinieri accertarono che a quella cena (8 coperti, incluse le mogli) presero parte i professori Marcello Strazzeri ed Antonio Fino, che secondo l’accusa sarebbero stati invitati da Limone in vista della sua riconferma alla carica di rettore. Altro rimborso «indebito» riguarderebbe i 500 euro spesi per una cena con dieci coperti sempre nello stesso ristorante, con varie autorità, il 30 marzo 2007. Quella sera, però, Limone dice per telefono al figlio Pierpaolo di trovarsi «a casa di Ernesto» ( Sticchi Damiani) dove erano state invitate anche personalità del Consiglio di Stato. La condanna è arrivata anche per l’acquisto del televisore al plasma Panasonic, dotato di sistema «Home Theatre», pagato con fatture che avrebbero indicato l’acquisto fittizio di materiale informatico.
Ma Limone sarebbe responsabile anche di aver acquistato con i soldi dell’Università un telefono cellulare per la badante dell’anziana madre. L’ultima accusa riguarda la trasferta a Bologna dal professor Filippo Sgubbi, docente di diritto penale, ( 439 euro di aereo più 35 di pranzo) dal quale Limone si sarebbe recato dopo aver appreso dalla stampa di essere indagato. Quel viaggio, invece, sarebbe stato giustificato in virtù di una visita al Rettore dell’Università di Bologna Calzolari.
Fin qui le condanne. Cade, invece, l’ accusa di abuso d’ufficio, contestata a Limone, per una consulenza di 7mila euro affidata a Luca Pasquino, fratello dell’impiegato: secondo l’Accusa, l’incarico sarebbe servito a retribuire la prestazione di Pasquino nella ristrutturazione dell’appartamento privato di Pierpaolo Limone. Infondata anche l’accusa di corruzione, della quale Limone rispondeva in concorso con Attisani: l’architetto avrebbe «barattato» un permesso a costruire con un incarico di 4 mesi in favore del genero. Nessun peculato per l’acquisto di due schede telefoniche in favore del figlio Pierpaolo, docente a Foggia, e di una dipendente dell’ateneo, e per l’acquisto di una lavatrice destinata alla madre (imputazione per la quale la stessa accusa aveva invocato l’assoluzione). Il quadro accusatorio vede Madonna e Pasquino parzialmente partecipi delle vicende contestate all’ex rettore, mentre Attisani è stato condannato solo per un’ipotesi di falso in relazione ad una delibera comunale. La difesa, però, annuncia battaglia in Appello.
















