BARI - Ha un nome difficile, Xiao Wu Zhang. Tanto che tutti lo chiamano, per fare prima, Enzo. Sembra quel vecchio motivetto di Gianni Ciardo, ma non c’è niente da ridere. Enzo il cinese è l’uomo chiave del traffico internazionale di rifiuti scoperto dalla Finanza di Taranto. Anziché smaltirle nel rispetto della legge, plastica e gomma finivano in Cina per essere bruciate o diventare giocattoli per bambini. Enzo è l’intermediario a cui si rivolgono anche alcune grandi aziende baresi come la Recuperi Pugliesi, una delle big della raccolta differenziata (gestisce la raccolta della carta a Bari): Enzo il cinese è il re mida che trasforma rifiuti pericolosi in oro.
Nelle 240 pagine di ordinanza il gip di Lecce, Cinzia Vergine, riconosce l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti e spiega bene come funzionava. Prendiamo i pneumatici per auto: per scaricarli presso un’impresa autorizzata si pagano circa 120 euro a tonnellata. A sua volta, lo smaltitore per lavorarli secondo la legge deve spenderne circa 80. Ma se i pneumatici vecchi vengono contrabbandati per «usati», o per scarti di lavorazione, il carico può finire in Oriente spendendo la metà: il solo costo del trasporto per mare. E se, come ha scoperto la Finanza, la gomma diventa carburante per gli inceneritori cinesi, il broker ci guadagna altri 20 euro a tonnellata. Denaro creato dal nulla.
È qui che si sono tuffate, secondo la procura (Alessio Coccioli dell’Antimafia di Taranto), anche le aziende baresi. Recuperi Pugliesi avrebbe spedito attraverso il porto di Taranto 48 container con 937 tonnellate di plastica e gomma. Recuperi Sud è accusata di averne smaltito illegalmente addirittura 3.600 tonnellate, tra cui 1.400 di teloni agricoli contaminati da anticrittogamici. Ad aiutarli uno spedizioniere barese, la Aermar, i cui titolari hanno fiutato il business tanto da creare un’azienda di intermediazione ad hoc, la Duesse. In due anni il sistema ha fruttato alle imprese baresi oltre 2 milioni di euro.
Nell’aprile 2008, del resto, i titolari della Aermar, Nicola e Marco Schiavone, padre e figlio, erano già stati arrestati insieme a Enzo il cinese dal Noe di Reggio Calabria: la procura di Palmi li riteneva intermediari del traffico di rifiuti verso l’Asia per conto della famiglia mafiosa dei Piromalli. Dei veri esperti del settore. Tanto che lo stesso Marco, per tentare di sbloccare una spedizione di pneumatici vecchi (il cosiddetto «ciabattato»), spiega ad uno spedizioniere perché la fattura di vendita ai clienti malesi riporta il costo di 1 euro. «È una motivazione che non credo che l'azienda possa mettere per iscritto, perché questo materiale... Loro pagano affinché lo straniero del caso se lo ritiri, in quanto questo materiale, per legge, deve essere smaltito. Ci sono varie maniere di smaltire questo materiale che tuttavia ha un costo, economicamente portarlo a questa azienda compratrice costa meno... quindi loro non possono emettere una fattura di vendita... perché in realtà stanno pagando affinché questa gente si ritiri il materiale. Capisce cosa voglio dire?».
I finanzieri capiscono perfettamente. E dopo i primi sequestri al porto di Taranto, avvenuti nel 2009, scoprono «un'illecita attività diretta ad approvvigionare le industrie dei paesi asiatici di rifiuti costituiti da plastica e gomma da destinare al recupero per la produzione di manufatti oppure da destinare al recupero energetico».
Una vera miniera d’oro, appunto. Tanto che Franco Schino, secondo gli investigatori titolare di fatto della Recuperi Pugliesi di Modugno, vorrebbe fare di più. L’8 luglio 2009 i finanzieri lo ascoltano al telefono con Enzo il cinese, mentre invita Bin (il destinatario finale dei rifiuti) a venire in Italia per chiudere un contratto «da mille tonnellate al mese» saltando anche Nicola Schiavone.
FRANCO: «Di a Bin se vuol venire a fare una scappata in Italia un paio di giorni... Facciamo la proposta così viene qua in Italia, cosi, fai un grosso contratto e lavora tutto l’anno...».
ENZO: «Va bene...»
F: «Spetta è una cosa grossa Enzo, se tu vuoi mille tonnellate al mese devi far venire a Bin che facciamo vedere l'impianto nuovo che abbiamo montato capito?».
E: «Va bene ok...».
F: «Poi rimane fra noi, Nicola non deve venire più a fare i trasporti qua, li portiamo stesso con le macchine nostre capito? I trasporti li facciamo noi ecco perché non parlare di Nicola di queste cose capito? O troviamo un altro broker... Toglilo di mezzo a
quello capito?».
E: «Devo trovare un altro spedizioniere vero?».
Il problema è che la Finanza aveva cominciato ad accorgersi di quanto avveniva a Taranto. E così stavano fioccando i primi sequestri. Così, quando il 28 luglio 2009 Schino richiama Enzo per annunciare «10 contenitori di plastica agricola già pronti per la partenza», il cinese temporeggia. Ma Schino insiste: a Napoli le ispezioni delle Dogane non hanno dato alcun problema. E «la sua azienda - riassumono gli investigatori - ha le potenzialità per avere rapporti diretti con la Cina/Hong Kong senza necessità di intermediazione alcuna». Schino si dice pronto a partire lui per la Cina e andare da Bin. Non voleva perdere tempo nella nuova corsa all’oro.
















