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Toghe lucane bis Gli «aiutini» di Bonomi  all’amico imprenditore

Toghe lucane bis Gli «aiutini» di Bonomi  all’amico imprenditore

 
Toghe lucane bis Gli «aiutini» di Bonomi  all’amico imprenditore

Giovedì 01 Dicembre 2011, 09:29

03 Febbraio 2016, 00:08

di Fabio Amendolara

POTENZA - I suoi amici del Pdl, un consigliere regionale e un parlamentare, avrebbero potuto dargli una mano per entrare all’ispettorato del ministero della Giustizia. In cambio - secondo il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e il sostituto Simona Rossi, magistrati della Procura di Catanzaro che coordinano l’inchiesta bis sulle toghe lucane - voleva la testa di alcuni sottufficiali del Gico della Guardia di finanza che gli stavano dietro da anni. L’accusa: «Corruzione in atti giudiziari».

L’imprenditore Ugo Barchiesi di Matera, titolare della beautyfarm Serramarina, si era rivolto al sostituto procuratore generale Gaetano Bonomi (che per gli investigatori è il coordinatore di una società segreta che aveva come finalità quella di delegittimare alcuni magistrati della Procura di Potenza e di aiutare politici e imprenditori «amici») perché non ne poteva più di quelle indagini del Gico: «Da sei anni - si legge in uno dei verbali firmati dall’imprenditore che la Gazzetta ha potuto consultare in esclusiva - indagano su di me per l’eventuale possesso di una Ferrari intestata a un certo Ascione, per i miei viaggi in Romania e per l’eventuale versamento di 110 miliardi di lire della Cirio alla società Serramarina Srl». E ha cercato di contrastarli. Come?

documenti segreti Bonomi - ricostruiscono gli investigatori - avrebbe «procacciato» a Barchiesi, «tramite il tenente dei carabinieri Annalisa Pomidoro, atti custoditi dalla compagnia di Policoro e coperti dal segreto investigativo».
l’aiutino Le indagini partite con la denuncia di Barchiesi nei confronti dei sottufficiali del Gico e dell’ex capo della Procura di Potenza Giuseppe Galante erano state affidate a carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria «personalmente legati» a Bonomi. Il sostituto procuratore generale - secondo l’accusa - si sarebbe quindi «adoperato» affinché le indagini in corso avessero un esito favorevole per Barchiesi.
telefonate diffamatorie Bonomi, nel corso delle sue chiacchierate telefoniche con Barchiesi, si sarebbe lasciato scappare «notizie dal carattere diffamatorio» nei confronti dell’intera Procura di Potenza e del pubblico ministero Anna Gloria Piccininni, titolare dell’indagine sui sottufficiali del Gico.
archiviazione Nonostante l’impegno del sostituto procuratore generale, però, il fascicolo finisce in archivio. Giovanni Colangelo, capo della Procura di Potenza, nonostante le richieste, si rifiuta di riaprire le indagini. E Bonomi, secondo i magistrati di Catanzaro, ha manifestato la disponibilità a «fare tante piccole cose» - così dice a telefono - per poter ribaltare la situazione.
totale asservimento Barchiesi chiama spesso per i suoi problemi giudiziari. E Bonomi si mostra disponibile. Tanto che - annotano gli investigatori - il magistrato pare «mantenere una posizione di completo asservimento all’imprenditore».
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