Il capocollo e le bombette di Martina, la zampina di Sammichele, il prosciutto di Faeto e ad altre delizie che dalla Capitanata al Salento, passando per la Murgia e Valle d’Itria rappresentano il trionfo per i palati, potranno continuare ad essere promossi perchè non saranno più un tabù. Idem per i vini della cantine pugliesi che esportano in tutto il mondo. Carne, salumi e «nettare» sono stati infatti cancellati dalla black list dei cibi dannosi dell’Ue. Dopo aver sbattuto i pugni sul tavolo poco più di un mese fa, guidando la «rivolta» di altri paesi europei (Bulgaria, Francia, Irlanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna) il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida (Fdi), ha annunciato trionfalmente la scelta della Commissione di fare un passo indietro e si appunta sul petto la stella di un risultato di tutto rispetto in difesa delle eccellenze italiane. Una «vittoria» a Bruxelles che dimostra «il cambio di passo del governo Meloni e l’attenzione al mondo agroalimentare», ha detto, ma soprattutto «si danno risposte precise a esigenze che erano rimaste sinsoddisfatte da troppo tempo».
GIRO D'AFFARI DA 40 MILIARDI - La notizia ha attraversato la Penisola nel giorno dell’Immacolata in un batter d’occhio e fa tirare un sospiro di sollievo a un settore di punta dell'agroalimentare che conta centinaia di migliaia di persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 30 miliardi, a cui va aggiunto il volano economico generato dal vino italiano che vale oltre 11 miliardi di fatturato e offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone. Numeri che contano anche per regioni come la Puglia che vantano una tradizione enogastronomica di tutto rispetto.
IL MURO A FINE OTTOBRE - Ma cosa è accaduto esattamente? Alla fine di ottobre, l’Italia aveva frenato l’Europa, insieme ad altri nove Paesi tra cui Francia, Olanda, Spagna e Polonia, votando a sfavore della proposta della Commissione europea del Programma di lavoro annuale 2023 per la promozione dei prodotti agricoli e alimentari. Questo perché il programma, che per il 2023 vale circa 186 milioni di euro e stabilisce i criteri di selezione per l’accesso ai fondi Ue finalizzati alla promozione, prevedeva requisiti troppo stringenti per alcune categorie di prodotti come carni, vino e alcolici in generale. Una mozione che avrebbe squalificato i settori agroalimentari fondamentali per l’economia di alcuni Paesi. Con la retromarcia di queste ore, quindi, la Commissione, ora, può presentare un nuovo programma e portarlo a votazione, oppure procedere in autonomia.
L’ulteriore notizia, come ha sottolineato lo stesso ministro, è che arriveranno più risorse economiche per la «Identificazioni geografiche», con altri due milioni in più «come avevamo chiesto noi», precisa Lollobrigida.
I NUMERI DELLA PUGLIA - La Puglia vanta 15 tra DOP e IGP secondo l’elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite del Mipaaf, aggiornato al 23 agosto 2022. Senza dimenticare le 39 Doc, Docg e Igt del vitivinicolo pugliese. E i 329 prodotti agroalimentari tradizionali censiti dal Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia. Per quanto riguarda il vino, invece, negli ultmi 5 anni, l’export dei vini pugliesi è aumentato del 46% raddoppiando le percentuali nazionali e raggiungendo il valore di 179 milioni di euro (le piazze d’acquisto, secondo il recente rapporto Ismea, sono prioritariamente Corea del Sud, Stati Uniti, Germania, Cina, Svizzera e Giappone). Ma la battaglia non si ferma qui, anzi sembra andare avanti come fa sapere la Lega secondo cui «è necessario ora intervenire per eliminare l’identificazione di carne e vino come “sostanze cancerogene” nella strategia europea che, al pari delle etichette nutrizionali con il semaforo, rappresenta una inaccettabile semplificazione del valore nutrizionale dei nostri alimenti».