In Puglia e Basilicata
Pugliesi a Kiev
27 Febbraio 2022
Massimo Levantaci
Al piano -1 dell’hotel Opera, pieno centro di Kiev, c’è una comunità italo-brasiliana in apprensione. «Sentiamo i bombardamenti nitidamente - dice l’ex calciatore Paolo Bianco - i palazzi governativi si trovano ad appena qualche chilometro da qui. La notte scorsa i carriarmati russi hanno sparato a tutto spiano, la resistenza ucraina li ha respinti. Ci hanno detto che questa notte (ieri: ndr) ci sarà un altro attacco. Siamo terrorizzati, abbiamo mogli e figli a casa, assurdo farci tornare qui».
Bianco, foggiano, ex calciatore di Foggia e Sassuolo, è uno dei collaboratori di Roberto De Zerbi tecnico dello Shakhtar Donetsk formazione che ha militato quest’anno in Champion’s League. Con loro anche 12 calciatori brasiliani e un calciatore paraguaiano, tutti con mogli e figli piccoli al seguito. «Non siamo nelle camere, sarebbe troppo rischioso. Abbiamo ammassato i materassi sul pavimento al piano interrato e ci adattiamo così. Con noi ci sono anche alcuni ragazzi dell’Osce (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo: ndr) e giornalisti inglesi. Attendiamo una tregua per andar via da qui, ma ci sono troppi connazionali da evacuare, ci ha detto il console italiano, altrimenti saremmo già stati portati via com’è successo per alcuni cittadini romeni: l’altro giorno un pullman è venuto a prenderli per riportarli a casa».
E pensare che la comitiva dello Shakhtar era rientrata a Kiev appena qualche giorno prima lo scoppio della guerra: «Se fossimo stati informati dell’escalation del conflitto saremmo rimasti ad Antalya, in Turchia, dove eravamo in ritiro. Siamo rientrati in Ucraina il 19 febbraio per l’inizio del campionato, la federazione ucraina ci aveva rassicurato sui rischi di una guerra che non sarebbe cominciata. La notte tra il 22 e il 23 febbraio invece sono scoppiate le bombe, campionato ovviamente sospeso e noi adesso siamo qui. Non potevano dircelo prima? E’ assurdo quello che ci sta succedendo».
La comitiva dello Shakhtar ha deciso di non disunirsi, si parte tutti o nessuno: «Anche se vi fosse la possibilità di partire non potremmo lasciare i nostri ragazzi», dice Bianco, concetto già ribadito qualche giorno fa da De Zerbi. «Sono ragazzi molto giovani, spaventati. Speriamo almeno che ci diano un salvacondotto per metterci in salvo da qui».
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