Una malattia nuova, sconosciuta. Una polmonite mai vista. Le corse in reparto, le tute di contenimento, i caschi per i pazienti, i posti letto che sembravano non bastare mai. E poi, il lockdown: strade deserte in tutta Italia, da Bolzano a Catania, con il sindaco di Bari Antonio Decaro che diventava famoso pure in Giappone, dove giravano i video in cui cacciava bruscamente i ragazzi che - tentati dal sole - correvano sul lungomare o si stendevano sul prato di Parco 2 giugno.
Sembra passata un’era geologica eppure era solo due anni fa. Era la sera del 20 febbraio 2020 e all’ospedale di Codogno l’Italia scopriva il primo caso di Covid in quel giovane uomo di 38 anni, Mattia Maestri, che poi venne chiamato da tutti il «Paziente 1». Quel piccolo comune della bassa lodigiana, dove quasi per caso fu effettuato un tampone e fu scoperto il primo caso di positività al Sars-Cov-2 , divenne anche la prima zona rossa del Paese. Ma ci volle qualche settimana per capire davvero il fenomeno pandemia. E qualche mese per avere indicazioni meno confuse (mascherine, no luoghi chiusi, divieto di abbracci e contatti) perfino dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
A marzo la Puglia terrorizzata era già tutta chiusa in casa. Sferzata da quel virus che dalla tv mandava immagini dei carri dell’esercito di Bergamo (trasportavano vittime perché gli obitori erano già tutti pieni) e che qui, già baciati dal sole primaverile, bussava alla finestre dove ci si affacciava solo per stendere striscioni arcobaleno («Andrà tutto bene») o suonare con le pentole per sentirsi più vicini a tutti.
In realtà la Puglia risulterà - dalla prima fase di Wuhan alla attuale fase di Omicron 2 - al nono posto in Italia nella classifica delle regioni più colpite con oltre 705mila contagiati (su oltre 12 milioni in Italia) e 7.552 vittime (su 38.300). E ancora ieri la regione ha dovuto registrare altri 7 decessi e 3.500 nuovi contagiati. La paura è calata, insieme ai ricoveri in ospedale - che qui però decrescono meno che nel resto d’Italia - e al tasso di mortalità. Ma questa ondata che ha cambiato la vita di tutti e dalla quale - solo ora, due anni dopo - si torna a sperare di uscire, sta cambiando anche l’intero sistema sanitario.
Si chiama Pnrr sanità e - un po’ come nel resto d’Italia - rappresenta la svolta verso cui correrà la sanità pugliese. O meglio: con quei 650 milioni che la regione riceverà (e che dovranno essere puntualmente rendicontati all’Ue) finalmente si potrà vedere il nuovo volto di una sanità non più «ammalata» di Covid e costretta ad attivare in corsa reparti dedicati o, addirittura, ospedali. Dunque, incrociando le dita e abituandoci alle precauzioni, i pugliesi potranno presto abituarsi a vedere sempre più vuote le maxi-strutture (dai 300 letti del Dea di Lecce ai 152 posti dell’ospedale Covid in Fiera) tirate su nel biennio buio che ci ricorda Codogno. Un ritorno alla «normalità» di un piano sanitario che, accanto all’allestimento dei nuovi maxi-ospedali (Andria, Monopoli-Fasano, San Cataldo di Taranto etc.) punterà al rafforzamento della rete territoriale, ovvero alle strutture di prossimità - utili a decongestionare i pronto soccorso - e all’assistenza domiciliare. Nel dettaglio, 177 milioni saranno destinati alle Case di comunità; 79 milioni per gli Ospedali di comunità (che avranno almeno 20 posti letto); 7 milioni alle Centrali operative territoriali; 2,8 milioni di euro alle interconnessioni aziendali; 3,8 milioni di euro per i device; 114 milioni per la digitalizzazione; 94 milioni per le grandi apparecchiature; 50 milioni per adeguamento strutturale; 114 milioni per il piano nazionale; 2,3 milioni per i flussi informativi; 3 milioni per i corsi di formazione.
Certo, c’è da accelerare sui cantieri con una distribuzione su tutto il territorio regionale (una Casa di comunità ogni 40/50mila abitanti, un Ospedale di comunità ogni 50/100 mila e una centrale operativa ogni 100 mila abitanti). E c’è da recuperare sulle assunzioni di personale, con quella mannaia del tetto alla spesa (-1,4% rispetto a quella del 2004) che neanche il Covid è riuscito ad abbattere del tutto. Non illudiamoci, però. Non ci sarà un giorno in cui il Covid, da un momento all’altro, sparirà. Il 31 marzo saluteremo le mascherine all’aperto e presto andremo a fare la quarta iniezione. Ma Codogno non lo scorderemo mai più.