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Puglia, effetto lockdown sui rifiuti speciali: più «fuochi» e più traffici illegali

 
MARISA INGROSSO

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MARISA INGROSSO

Puglia, effetto lockdown sui rifiuti speciali: più «fuochi» e più traffici illegali

Indagini in corso. «Incendi agli impianti aumentati in modo impressionante»

Giovedì 08 Aprile 2021, 16:02

Traffici illeciti e «fuochi» tossici, la pandemia non ha fermato la gestione illegale dei rifiuti speciali in Puglia. E sono cosa ben diversa dai rifiuti urbani che, al contrario - come rivelammo nella prima inchiesta dedicata a questo tema e pubblicata lo scorso 10 febbraio - durante l’emergenza sanitaria hanno visto crescere la quota di raccolta differenziata. Questi qui, invece, sono «speciali» cioè derivano da attività produttive di industrie e aziende che, poi, fanno accordi con altre società per la gestione e lo smaltimento, in Italia o all’estero, e possono essere pericolosi oppure no. Cosa è accaduto, quindi, col blocco dei confini e il rallentamento/l’interruzione dell’operatività di aziende che, a valle della filiera, utilizzano prodotti del riciclo? È accaduto che tonnellate di questi scarti sono rimaste «imprigionate» in patria. Tanto che, proprio per evitare saturazioni fuori legge e, in ultima analisi, il crash del sistema, la Puglia per mesi (ordinanza n. 1/2020 del 11/04/2020), ha aumentato fino al 50% lo stoccaggio istantaneo e ha raddoppiato - spiega l’Agenzia per l’ambiente-Arpa Puglia - i quantitativi previsti per il deposito temporaneo di rifiuti rispetto a quello individuato dalla legge (60 metri cubi di cui al massimo 20 metri cubi di rifiuti pericolosi, invece di 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi), e dilatato i limiti di tempo (6 mesi anziché i 3 previsti dalla norma). Ad agosto scorso, cessato lo stato di emergenza, le deroghe sono cadute.

Due anni di «buio» - Ma di quali quantità e qualità di rifiuti speciali prodotti in Puglia parliamo? Impossibile saperlo. O, meglio, come ammette la stessa Arpa, lo sapremo nel 2022. Non è, si badi, un problema di cattiva gestione regionale, è tutto lo Stivale che tratta questa materia delicatissima con un ritardo di due anni. Nonostante siano sostanze in quantità e qualità tali da poter rappresentare una evidente minaccia per l’ambiente, nonostante sia palese che il malaffare ci sguazzi (è dal 1994 che abbiamo una Commissione parlamentare dedicata al ciclo dei rifiuti e alle attività illecite connesse), nel nostro Paese non esistono dati di flusso. Semplicemente, le aziende hanno l’obbligo, entro l’aprile di ogni anno, di inviare alle Camere di Commercio il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (Mud), indicando quantità e tipologia dei rifiuti che hanno prodotto e/o gestito nel corso dell’anno precedente. Ciascuna Camera di Commercio valida il Mud e quei dati finiscono nel database dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) che, a sua volta, gira tutto alle Arpa regionali per il controllo. Ultimata questa fase, le Arpa inviano di nuovo i dati a Ispra che redige un Rapporto annuale (si veda box in questa pagina; ndr).
La consegna dei Mud 2020 è prevista entro aprile però, a causa della pandemia - come spiega Natale Mariella, presidente della Sezione Puglia dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali - «la consegna è prorogata fino a giugno 2021».

Allarga le braccia Confindustria Puglia: «Non abbiamo questi dati». Persino in Regione chiariscono che «per quanto riguarda gli impianti di raccolta e/o smaltimento di rifiuti speciali, non esiste una banca dati con il monitoraggio dei flussi». Inoltre, per la, solita, italica parcellizzazione delle responsabilità, dal 2007 (L.R. 17/2007) il governo regionale ha delegato alle «Province la competenza, nel rispettivo ambito territoriale, delle funzioni relative al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento o di recupero dei rifiuti, fra cui anche quelli speciali».  I dati che hanno sono, quindi, super parziali.

Roghi e traffici - L’Arpa Puglia ritiene che la quantità di rifiuti speciali pugliesi nel 2020 sarà diminuita poiché, sostengono, è «ampiamente dimostrato» che «l’andamento della produzione dei rifiuti speciali è direttamente correlato con il Pil. Pertanto, per il 2020, a causa della contrazione della crescita economica causata dall’emergenza Covid, è lecito aspettarsi un calo generalizzato della produzione di tali tipologie di rifiuti». È assai probabile. Così come è possibile, e ce lo auguriamo, che i produttori di rifiuti speciali pugliesi siano stati tutti super-ligi. Alcune evidenze, però, inducono la magistratura a valutazioni diverse. Fonti qualificate della Procura di Bari affermano che è palese il nesso rifiuti speciali-«fuochi» e traffici internazionali e che «sono aumentati in modo impressionante gli incendi degli impianti, anche in Puglia». In pratica, spiegano, siccome non sono riusciti a far partire i rifiuti, li avrebbero accumulati in capannoni che, come per incanto, sono andati in fumo. E ci sarebbe pure uno «studio» criminale su come fare il rogo tossico perfetto. I malfattori - dicono - «accumulano i rifiuti speciali, li dispongono a strati, come fosse una “torta”, per avere il miglior innesco e siccome è materiale non classificato e c’è la plastica che raggiunge temperature enormi e non si può fare un’utile analisi dell’incenerito, quest’ultimo finisce poi in una normale discarica».

Circa i traffici pugliesi, i sequestri operati dall’Agenzia delle Dogane al porto di Bari dimostrano che la mafia internazionale dei rifiuti speciali non s’è fermata un attimo. Nel 2020, oltre 12mila chili di abiti usati sono stati intercettati mentre stavano per partire per l’Albania, quasi 33 tonnellate di elettrodomestici, lavatrici e forni stavano per andare in Albania e Macedonia e la mostruosa quantità di 132mila chili di cascami di materie plastiche erano diretti in Turchia.

«Nell’ambito dell’Ufficio delle Dogane di Bari competente sul porto, opera il “Reparto Antifrode ed Analisi dei rischi”, impegnato, tra l’altro, nel contrasto a fenomeni criminali di natura extratributaria. In tale contesto - spiega Domenico Frisario, che è il direttore dell’Ufficio oltre che dell’Antifrode interregionale - si colloca l’ottimo lavoro svolto per contrastare il traffico illecito di rifiuti, frutto di attività di intelligence e di analisi effettuate grazie a specifiche competenze, sofisticate banche dati e apparecchiature scanner tecnologicamente avanzate per l’analisi di contenitori e mezzi di trasporto».

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