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Bari, la variante inglese del virus? Parlano gli esperti: «Non aggrava il quadro clinico»

 
nicola simonetti

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nicola simonetti

Vaccino Covid , «Io salentina a Londra ora farò il primo richiamo»

Secondo De Vito, Germinario e Tafuri dell'Università, non può essere definito una sorpresa

Mercoledì 23 Dicembre 2020, 08:25

BARI - Variante «inglese» o «Londra» un fulmine a cielsereno? Questa la domanda cui rispondo gli esperti

«No, sicuramente poiché – ci dice il prof. Silvio Tafuri, professore di igiene università Bari -, responsabile Control Room Covid del policlinico - i virus così modificati sono in circolazione da settembre scorso. Segnalati in Inghilterra, sono, ora, sequenziati geneticamente. Il virus avanza filogeneticamente con tante varianti e, quando queste si realizzano, esso diventa, di solito, meno patogeno ed acquisisce più contagiosità».
«Al momento - – afferma Cinzia Germinario, professore di igiene università, Bari - non si è registrato aggravamento del quadro clinico. Il timore che la modifica possa inficiare il vaccino non sembra plausibile. Importanti restano, anche dopo le vaccinazioni, le misure suggerite per limitare diffusione e contagi».

«Il 14 dicembre – dice la prof. Danila De Vito, ordinario di igiene, università di Bari - il segretario inglese ha comunicato l’isolamento, nel sud del Regno Unito, di una nuova variante del SARS-CoV- 2 detta B 1.1.7 od anche VUI 202012/01, anche se rilievi epidemiologici, nella stessa Nazione ed in altre, come l’Olanda, metterebbero in evidenza che tale variante sarebbe stata già isolata in un 1/3 dei casi di Covid nel novembre 2020. Studi epidemiologici inglesi direbbero di diffusività maggiore del 70% rispetto alla variante del Sud- Europa di febbraio e marzo, ma non ci sono ancora evidenze scientifiche di correlazione tra mutazioni e maggiore diffusività virale, né è noto il rilievo di casi clinici più gravi. Le mutazioni che rendono i virus più diffusivi non sono per forza legate a patologia più grave.

«L’eccezionalità della nuova variante consiste in 17 mutazioni di cui 8 nel gene che codifica per la proteina Spike e 2 responsabili di facilitare il legame della proteina virale con i recettori Ace 2 delle cellule e di eludere la risposta immunitaria nei pazienti già immunocompromessi».

«I vaccini che dovrebbero essere approvati dall’EMA in questi prossimi giorni, sono costituiti – precisa la prof. De Vito - da RNA virale e possono essere facilmente ed in breve tempo modificati dalle aziende farmaceutiche produttrici qualora se ne ravvisi la necessità».

«I vaccini inattivati , già utilizzati, potrebbero mantenere livelli di efficacia apprezzabili, mentre quelli con carrier virali che portano le sequenze geniche codificanti la proteina Spike vorrebbero modifiche con tempi più lunghi ed articolati».

«La diffusione intrafamiliare del virus è nota da diversi mesi per l’instaurarsi, in ambienti domestici dove sono diversi individui, tutte le condizioni favorenti la diffusione del virus. Non bisogna dimenticare – conclude la prof. De Vito - che le sorgenti di infezione sono spesso rappresentate da giovani o giovanissimi asintomatici che possono trasmettere inconsciamente il virus a meno giovani o anziani più suscettibili. Un nostro recente lavoro epidemiologico evidenzia che l’età infantile è pochissimo suscettibile al virus e, a differenza dell’influenza, non può rappresentare la sorgente di infezione».

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