Dalla Legionella alla Klebsiella, due dei batteri più aggressivi che non danno scampo e sono mortali e che si annidano negli ospedali a causa della scarsa attenzione o addirittura negligenze nella manutenzione delle condotte idriche (come nel caso delle Legionella) o nella mancata attuazione di protocolli ministeriali tropo spesso ignorati e disattesi (per la Klebsiella).
I quattro morti registrati al Policlinico di Bari negli ultimi due anni e che hanno spinto la Procura a chiedere e ottenere il sequestro di due padiglioni ospedalieri, pongono una serie di interrogativi sulle modalità di gestione delle strutture ospedaliere. Le cosiddette infezioni nosocomiali sono purtroppo diffuse nonostante esistano rigidi protocolli e misure di prevenzione che, se attuati e rispettati, probabilmente ridurrebbero al minimo il propagarsi di infezioni che il più delle volte si rivelano mortali.
In Puglia, purtroppo, la situazione scoperchiata al Policlinico - dove si annidano gravi responsabilità e omissioni da parte dei vertici, secondo quanot scrive il, gip - dimostra che non si tratta di un caso isolato.
Per quanto riguarda la Klebsiella, ad esempio, alcune inchieste in corso a Brindisi e Taranto, confermano anche in questo caso come la mancanza di quelle dovute attenzione finisce col provocare gravi conseguenze. A Brindisi, ricordiamo un'indagine della Procura riguarda almeno 19 morti sospette a causa del batterio, più altre 18 infezioni accertate nel corso delle investigazioni. Dopo quello scandalo, l'azienda avrebbe unformato le procedure agli standard minimi previsti.
Non da meno anche la situazione dell'Asl di Taranto, che qualche mese fa ha pagato un risarcimento di oltre 800mila euro ai familiari di una donna operata al Santissima Annunziata nel 2015 per una caduta da una scala e successivamente morta per una infezione contratta in ospedale. In questo caso, con una articolata e motivata sentenza, scritta dal giudice civile del tribunale di Taranto, Italo Federici, è stata riconosciuta una vera e propri responsabilità contrattuale da parte dell'Asl che non ha dimostrato di aver attuato quei protocollo universali di prevenzione previsti per prevenire le infezioni ospedaliere.
Una decisione, quella del tribunale jonico, che ha accolto in pieno la tesi difensiva dell'avv. Vito Cito, di Martina Franca: ha assistito i familiari della vittima costringendo la Asl a pagare tenuto conto che non ha appellato la sentenza. Il legale, esperto in materia risarcitoria per casi di mala sanità, nelle sue memorie ha letteralmente demolito la posizione dell'Asl facendo affermare un principio che sta facendo "scuola" in tutta Italia.
E che l'Asl di Taranto, almeno fino a poco tempo fa, non abbia ancora messo in atto quei dovuti accorgimenti, si ricava anche da un altro procedimento penale che in queste ore vede il gip del tribunale di Taranto, Francesco Maccagnano, pronunciarsi sulla opposizione all'archiviazione richiesta dal pm, da parte dei familiari di Emilia Amandonico, una donna 60enne, affetta da leucemia, morta nel 2018 (quindi a distanza di tre anni dall'altro caso del Santissima Annunziata) pochi giorni dopo il ricovero perchè: la donna fu tenuta in un reparto di degenza senza i dovuti accorgimenti previsti dai protocolli.
Anche in queste occasione, l'indagine sarebbe stata condotta non in maniera "completa" poichè non è stata verificata l'esistenza di procedure interne, nè tanto meno l'attuazione di quei protocolli riconosciuti dal Ministero, nonchè da linee guida regionali. In questo caso si tratta del "Moscati" di Taranto e - contrariamente a quanto accaduto al Policlinico in cui pm e gip hanno acceso i riflettori sul management - l'inchiesta si è circoscritta solo sui medici.
Sul punto si attende ora la decisione del gip che dovrò fare i conti con una dettagliata consulenza di parte scritta dal dott. Vincenzo Defilippis (foto sotto), direttore dell'UOC di rischio clinico dell'Asl di Bari, e uno dei massimi esperti (ha prestato la sua opera anche per la vicenda di Brindisi consentendo all'Asl di rimuovere a marce forzate gli soatcoli) che ha messo in luce evidenti buchi negli accertamenti. Motivo per cui l'avv. Francesco Paolo Sisto, che rappresenta la parte civile, nell'opposizione ha chiesto l'imputazione coatta e il supplemento di indagini attraverso l'acquisizione di protocolli che, a suo dire, non esisterebbero.