BARI - Dopo la freddezza nei confronti del pontificato di Benedetto XVI, considerato sensibile alle posizioni più tradizionaliste, il mondo culturale progressista italiano si ritrova con una certa frequenza ad apprezzare le posizioni assunte da Papa Francesco, considerato quando era in Argentina un ferreo censore del materialismo comunista.
Le ultime aperture di Bergoglio alle unioni civili trovano il plauso di Nichi Vendola, ex governatore della Puglia e storico esponente del mondo dell’attivismo per i diritti civili degli omosessuali italiani. E il caso ha voluto che questa sintonia di vedute si registri proprio con un gesuita della Compagnia del Gesù, il cui rigore aveva criticato anni prima (nel 1999) nella rubrica «Il Dito nell’occhio» su Liberazione (nell’articolo intitolato «A destra di Dio»).
Presidente Vendola, Papa Francesco, nel documentario «Francesco» di Evgeny Afineevsky, ha dichiarato il suo impegno per una legge sulle unioni civili: «In questo modo le persone omosessuali godrebbero di una copertura legale», dice il pontefice. È una nuova linea per la chiesa Cattolica?
«È il compimento di una svolta radicale, una rottura con l’ipocrisia e il dogmatismo di una Chiesa omofoba sull’altare e spesso omofila nei seminari e nelle sacrestie. Travalica la questione specifica delle unioni civili e chiama in causa lo sguardo del cattolicesimo sullo svolgersi della storia umana, sulle persone in carne e ossa, sulle domande di libertà: in assoluta coerenza con lo spirito conciliare, Bergoglio è l’immagine di una Chiesa che si apre al molteplice della vita vera, dialoga con la modernità, cerca di cogliere “i segni del tempo”. E ci congeda dal lessico violento che spesso si è adoperato oltre Tevere per stigmatizzare e discriminare la comunità lgbt».
Un teologo progressista come Bruno Forte ha tenuto a precisare però che per la Chiesa resta la distinzione tra la necessaria tutela dei diritti e «la famiglia voluta da Dio». Quanto è complesso per i cattolici l’incontro tra dottrina e declinazione della fede nella realtà?
«Intanto Bergoglio accoglie con tenerezza chi prima veniva scacciato, denigrato, violato nella propria dignità. Non si può dimenticare che la Chiesa ha promosso ed è stata complice per secoli di una infinita e cruenta persecuzione contro i gay. Ed è ancora recente l’eco delle campagne condotte dal vertice Vaticano contro il “disordine morale” degli omosessuali e contro i diritti civili, con una rivendicata tendenza a invadere la sfera del legislatore per impedire il varo di nuove leggi. Io non ho titolo per parlare di dottrina, ho sempre pensato che la dottrina dovesse essere al servizio dell’amore e non al servizio dell’odio. Se la dottrina viene presentata come la frusta di un Dio giudice forse diventa difficile annunciare la “buona novella”. Papa Francesco che lava i piedi a un transessuale in un carcere è dottrina che si incarna. Puro Vangelo: così a me sembra».
Lei è stato da sempre impegnato per i diritti civili della comunità omosessuale. Come giudica la legislazione italiana dopo l’entrata in vigore della Cirinnà?
«Con la legge sulle unioni civili siamo finalmente usciti dal Medioevo, dietro ciascuna di quelle norme ci sono vissuti, persone, emozioni, sentimenti e anche tante lotte, tanta fatica».
Quale delle rivendicazioni promosse dall’associazionismo “arcobaleno” considera prioritaria?
«Penso che sia prioritaria la battaglia culturale contro ignoranza, pregiudizi, cattivi luoghi comuni che imprigionano ancora troppe vite».
Crede che questo profilo “progressista” del pontefice possa aprire ulteriori crepe nell’universo cattolico e spingere i tradizionalisti nella direzione di uno scisma?
«La destra cattolica, con i suoi generosi finanziatori e le sue truppe militanti, si trova schiacciata tra il protagonismo profetico di Bergoglio e la concorrenza delle sette evangeliche che sono un vero braccio armato del trumpismo: e il fanatismo cristiano, si sa, celebra in Trump l’uomo della provvidenza. La tentazione dello scisma secondo me c’è. Sui loro siti accusano Francesco di eresia. Lo pensavano anche di Giovanni XXIII. Ma con i loro occhi persino nei Vangeli ci sono tracce di eresia».
In parlamento è in discussione la proposta di legge Zan, molto osteggiata dal fronte conservatore in nome della libertà d’opinione. Che ne pensa?
«Istigare all’odio, insultare, bullizzare: queste non sono libere manifestazioni del pensiero. L’omofobia non è una variante folcloristica del pluralismo, ma è una lesione all’altrui vita e all’altrui dignità. La legge Zan segnala la necessità di reagire ad un codice di violenza che agisce soprattutto sugli e sulle adolescenti».
Nella ricerca culturale che ha caratterizzato il suo percorso politico, ha trovato uomini di fede che l’hanno sorpresa sui temi dei diritti?
«Ho avuto la immensa fortuna di conoscere grandi testimoni della fede, autentici profeti di giustizia e di pace, a cominciare a quel nostro don Tonino Bello che con il suo lessico e il suo magistero sembra quasi che abbia anticipato il magistero del pontefice “venuto dalla fine del mondo”. Ma non di un pastore, bensì di un laico vorrei dire un aneddoto. Alla fine di un incontro pubblico sul valore della Costituzione, qui a Bari, Oscar Luigi Scalfaro - allora presidente emerito della Repubblica - mi prese sotto braccio e all’orecchio mi sussurrò: “vedrai che ce la faremo, prima o poi convinceremo anche il Papa!”. “Lo convinceremo su cosa?” chiesi io. “Come su cosa? Sulle unioni civili!”».