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Giorgia Meloni: «La Puglia cambierà»

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

Giorgia Meloni: «La Puglia cambierà»

«La sinistra ha trasformato la Regione in un assumificio per distribuire prebende e favori agli amici degli amici. Quello che abbiamo visto nelle ultime settimane è intollerabile»

Sabato 19 Settembre 2020, 13:01

20:25

Presidente Giorgia Meloni, proviamo a fare un bilancio dei due mesi di campagna elettorale in Puglia. Quanto è stato complesso il dialogo con i cittadini-elettori al tempo del Covid?

«È stata una campagna elettorale non convenzionale, sicuramente più complicata, ma abbiamo dimostrato che le mascherine non sarebbero state un bavaglio. Abbiamo rispettato tutte le norme anti-Covid e siamo riusciti a stare ugualmente in mezzo alla gente e nelle piazze. Le immagini dei nostri comizi, come quello sul lungomare di Bari, lo testimoniano. In Puglia ho conosciuto angoli e scorci di una terra meravigliosa, che non avevo mai visto. E poi l’affetto e l’accoglienza dei pugliesi sono sempre impagabili».

Fratelli d’Italia ha puntato sulla Puglia e su Raffaele Fitto candidato presidente: quali i temi caratterizzanti la vostra proposta di governo?

«La sinistra ha trasformato la Regione in un assumificio per distribuire prebende e favori agli amici degli amici. Quello che abbiamo visto nelle ultime settimane è intollerabile, con la sanità utilizzata per fini clientelari e tentare di comprare il consenso. Su tutto il resto Emiliano non ha fatto nulla. Sulla Xylella si è affidato agli stregoni e il batterio ha viaggiato per 130 km, la regione più agricola d’Italia è ultima per spesa dei fondi europei, le addizionali sono arrivate alle stelle e le ultime opere degne di note risalgono all'ultimo governo regionale di centrodestra. Con Fitto vogliamo liberare la Puglia dal clientelismo e costruire una Regione che funzioni, investa nelle infrastrutture, sostenga le imprese e metta i pugliesi nelle condizioni di costruirsi un futuro in questa terra». 

Fitto in Puglia, Acquaroli nelle Marche e Marsilio, già governatore in Abruzzo: puntate a un asse adriatico tra i governatori? Con quale visione?

«La grande sfida che abbiamo davanti non è solo cancellare il divario tra Nord e Sud ma connettere l’Est all’Ovest, il Tirreno all’Adriatico. Vogliamo costruire una filiera di sviluppo in termini infrastrutturali, di capacità competitiva, di sviluppo. Certo, parliamo di temi poco popolari, ma crediamo che la politica abbia il compito di lasciare qualcosa a chi verrà dopo di noi».

La campagna elettorale pugliese. Ha definito la propaganda della sinistra pugliese “stomachevole”.

«Ne abbiamo viste di tutti i colori. Dal bando per 1129 assunzioni all’Arpal, agenzia guidata da un commissario che è anche capo politico di una lista a sostegno di Emiliano, alla stabilizzazione di 200 precari firmata a pochi giorni dal voto in un teatro di Taranto davanti al governatore della Regione. E poi un signore messo a capo della task force per l’emergenza anti-Covid, che è stato pagato dai cittadini pugliesi e che poi si è candidato, guarda un po’, nella lista del presidente. Senza dimenticare il materiale elettorale di Lopalco arrivato ai malati oncologici insieme ad un invito ad un convegno sul rapporto tra Covid e tumori». 

Quale futuro per l’ex Ilva?

«Per l’acciaieria ionica è mancata una visione di politica economica di lungo respiro. Ci sono molti colpevoli per questa situazione, a partire da chi ha fatto delle prospettive di questo impianto un terreno di scontro elettorale. Per avviare un progetto di riconversione industriale servono anni, ma è grave che la politica in Italia non si sia mai data questo obiettivo e non abbia coinvolto l’Ue nella trattativa con ArcelorMittal. Nel medio periodo l’obiettivo è la decarbonizzazione, nel lungo periodo si deve immaginare una riconversione dell’impianto in una produzione di alta qualità e ad elevato valore aggiunto, che valorizzi il genio italiano e il marchio Italia». 

Emiliano ha proposto al ministro Gualtieri che la Regione entri nel capitale della Banca popolare di Bari.

«Mi sembra la solita uscita dell’apprendista stregone Emiliano. Sono cinque anni che avrebbe dovuto governare la Regione e, a pochi giorni dal voto, lancia una proposta complessa e che meriterebbe molta più serietà. Le questioni bancarie e dei risparmi degli italiani sono troppo serie per diventare, anche queste, materie di campagna elettorale». 

Che ruolo svolgeranno le regioni nella sfida del Recovery Fund?
«La sinistra è abituata a spendere i soldi in mille rivoli, inutili alla crescita ma molto utili per rafforzare il suo potere clientelare. I fondi del Recovery Fund devono essere spesi per pochi e grandi progetti, coordinati e coerenti a livello nazionali. Certo, con il giusto coinvolgimento a livello regionale. Le nostre priorità: investimenti per migliorare le nostre infrastrutture e ammodernare la Nazione, sicurezza e difesa della famiglia, sostegno a chi produce e assume in Italia». 

Il derby con la Lega è un tema che non la appassiona. La crescita dei consensi per la destra come caratterizzerà l’alleanza conservatrice in futuro?

«Mi batto per dare un governo migliore alle nostre città, alle nostre Regioni e alla nostra Patria. Per arrivare a questo risultato è fondamentale che tutti i partiti del centrodestra crescano. Saranno gli italiani a decidere quanto conterà Fdi e che peso avremo nella coalizione». 

Nel 1999 il premier Massimo D’Alema si dimise dopo una sconfitta alle regionali. È un precedente utile per interpretare la politica italiana da lunedì prossimo?

«I partiti di maggioranza non hanno alcun interesse per quello che pensano i cittadini e non mi aspetto che Conte, il Pd e il M5S terranno conto di quello che diranno gli italiani. Proveranno a fregarsene, come hanno fatto finora. In caso di vittoria del centrodestra, mi aspetto però che sia il Presidente della Repubblica a fare una valutazione, perché il Capo dello Stato non è un banale notaio e può sciogliere le Camere se ravvisa un’eccessiva distanza tra popolo e Palazzo». 

Sul referendum Fdi si è schierato con convinzione per il Sì. Dopo il taglio dei parlamentari, quale la priorità riformista della destra?

«FdI ha votato in Parlamento per il taglio dei parlamentari, ma adesso la parola spetta ai cittadini con il referendum e rispetteremo la loro volontà. In ogni caso, le riforme di cui ha bisogno l'Italia sono due: la riforma in presidenzialista dello Stato e un sistema complessivo che dia stabilità, ponga al centro la volontà popolare e metta i cittadini nelle condizioni di decidere quale sarà il governo della Nazione».

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