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Giorgetti: «Dal ponte sullo stretto il salvagente per l’ex Ilva»

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

«Dal ponte sullo stretto il salvagente per l’ex Ilva»

Il vicesegretario: «Io il Tatarella della Lega? È un complimento»

Venerdì 18 Settembre 2020, 13:13

Onorevole Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega e responsabile Esteri, quale sfida rappresentano le regionali pugliesi per il partito, prima forza della coalizione alle ultime Europee?
«Le regionali sono un voto di radicamento. Per la Lega, che punta sul rapporto con la propria terra e che rappresenta le istanze che vengono dal basso, è un passaggio fondamentale. Sentiamo l’affetto della gente, le piazze stracolme per le manifestazioni di Salvini lo dimostrano e ci hanno anche sorpreso».

Come interpreterete questa sintonia popolare?
«Con una politica responsabile, nell’esclusivo interesse nei pugliesi».

Il Carroccio, secondo alcune letture, fa il pieno nelle periferie. In questa campagna elettorale avete scelto di dialogare con il mondo produttivo e industriale. Quale visione guida questo percorso?
«Non c’è sviluppo senza lavoro. E il lavoro non lo fanno le leggi e i decreti legge. E tendenzialmente non lo fa lo Stato. Il lavoro lo fanno gli imprenditori, coloro che in qualche modo rischiano mettendosi in gioco, le partite Iva, le nuove partite Iva dei giovani e coloro che non dovrebbero essere scoraggiati dalla burocrazia. Lo sviluppo nasce dal lavoro e il lavoro nasce dall’iniziativa individuale, non da Mamma-Stato».

Il dossier ex Ilva?
«Ascoltiamo roboanti dichiarazioni rispetto alla svolta verde. L’acciaio è strategico e ci vuole una visione sistemica. Se si decidesse davvero di fare il ponte sullo Stretto in acciaio, l’ex Ilva lavorerebbe cinque anni solo per questa grande opera. Lo dico come provocazione. Gli interventi che deve fare lo Stato per garantire gli investimenti con chi c’è o chi ci vorrebbe essere, vanno calibrati in un quadro di lungo termine, non semplicemente con una sparata elettorale di questi tempi frequente. Il Recovery fund può aiutare, ma con le idee chiare sulla proiezione futura».

Il caso Banca Popolare di Bari. Emiliano ipotizza l’ingresso della Regione nel capitale sociale dell’istituto. Che ne pensa?
«Queste proposte, fatte a tre giorni dal voto, su temi così delicati come le banche, sono da evitare per persone che hanno responsabilità. Non so cosa gli abbia detto il ministro Gualtieri, che cura il dossier, e soprattutto cosa ne pensa la Banca centrale europea… È importante e fondamentale per l’economia pugliese e del Sud avere banche sane, che facciano banca nel senso proprio e aiutino le imprese a produrre e le famiglie nei consumi. L’azionariato pubblico è qualcosa che lascia aperto spazio a politiche clientelari, non funzionali ad un corretto esercizio del credito. Discuterne a tre giorni dalle elezioni puzza un po’ di bruciato».

Che ruolo avranno le Regioni nella delicata fase di spesa del Recovery fund?
«Sono federalista convinto e il principio di responsabilità per Comuni e Regioni è essenziale, ma può essere un’arma a doppio taglio. Il “Recovery fund next generation eu” è un pieno di investimenti strategici a beneficio di chi verrà. Non può essere sperperato per regali, specie in periodo elettorale. Siamo per progetti strategici, di cui la Puglia ha disperato bisogno. Penso all’alta velocità che che incredibilmente non collega Bari».

Regionali e referendum avranno un impatto sul futuro del governo, come avvenne nel 1999 con le dimissioni di D’Alema da premier?
«D’Alema, al netto delle sue idee politiche, è un politico ed è sinceramente democratico: prese atto della volontà del popolo. Chi governa oggi non mi sembra si curi minimamente dell’opinione popolare. Del resto il Pd sconfitto nel 2018, non si è posto nessun problema di andare al governo. In una democrazia matura e consapevole il voto degli elettori dovrebbe essere sempre qualcosa di cui tenerne conto».

Che futuro per la Lega nazionale che in Puglia candida Nuccio Altieri come vicepresidente?
«Questa terrà è storicamente la punta avanzata del Sud e deve tornare a rivendicare questo ruolo, perché se il Sud non si riprende, il Paese non può farcela. Noi siamo indiscutibilmente un partito nazionale e abbiamo l’ambizione di essere il partito di riferimento nel centrodestra anche se abbiamo un elettorato trasversale e tante sensibilità all’interno della nostra comunità. La linea di continuità è sempre l’attenzione ai problemi concreti della gente, in modo pragmatico e non ideologico come fa la sinistra».

Oggi è a Bari. Tanti l’hanno definita “il Tatarella della Lega”, evocando il leader pugliese. La politica ha sempre bisogno di interpreti armoniosi…
«Ho conosciuto Tatarella in Parlamento. Tanti mi paragonano a lui. Lo prendo come un complimento. La politica implica rispetto, non capisco il clima di calunnie che vedo troppo spesso in giro. Bisogna sempre parlare con tutti. Una volta si è in maggioranza, una volta all’opposizione ma è l’interesse generale quello che conta. Per questo non ho compreso perché con pura presunzione - in questa fase difficile della crisi pandemica - il governo non ha voluto accogliere nessun contributo da parte dell’opposizione. Anche Tatarella non avrebbe apprezzato questo modus operandi».

Se il governo dovesse andare in crisi, si aprirebbero strade per soluzioni differenti, tra cui anche una possibile discesa in campo dell’ex presidente della Bce Mario Draghi?
«Non so se resta in piedi l’opzione Draghi o se è interessato. Quando si è in una situazione complicata si prende il miglior specialista in circolazione, indipendentemente dall’essere di destra o sinistra. L'attuale maggioranza, con un po’ di superbia, vuole andare avanti da sola… Ma non mi sembra che il governo Conte vada benissimo. Vedremo…».

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