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Lo studio: «L’inquinamento favorisce i contagi». Ed è preoccupazione per il Tarantino

 
Marisa Ingrosso

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Marisa Ingrosso

Coronavirus

Studio pugliese: relazione  fra virus e inquinamento. Cazzolla Gatti: «I dati dicono che poteva essere un’altra Bergamo»

Lunedì 24 Agosto 2020, 13:43

Taranto - L’inquinamento atmosferico favorisce le pandemie. Ecco perché c’è stata una strage da Sars-CoV-2 nel Nord Italia ed ecco perché ci deve essere moltissima attenzione per realtà del Sud, come Taranto, che mostrano identiche «fragilità territoriali» rispetto al Nord, a fronte di un numero di casi di contagio e decessi inferiore all’atteso. Lo rivela lo studio di cinque scienziati, ora pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica «Environmental Pollution».

La ricerca è firmata dai biologi Roberto Cazzolla Gatti (gioiese, professore associato presso la Tomsk State University in Russia e research fellow del Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research in Austria) e Alena Velichevskaya (ricercatrice russa della Tomsk State University e consorte di Cazzolla Gatti) e dai fisici dell’Università di Bari e della sezione di Bari dell’Istituto di Fisica Nucleare Nicola Amoroso (di Bisceglie), Alfonso Monaco (di Gioia) e Andrea Tateo (di Fasano).

«L’analisi - spiega Cazzolla Gatti - è fatta con un algoritmo di Intelligenza Artificiale (AI) che dà la possibilità, rispetto ad altre analisi statistiche, di considerare più fattori contemporaneamente. Devi, però, mettere insieme un bel quantitativo di dati; quindi abbiamo analizzato tutti i dati nazionali di tutte le centraline Arpa, nel periodo 2015-2019. Un grande data set, che permette di valutare l’esposizione prolungata delle popolazioni. Poi, dopo aver inserito tutte le variabili socio-economiche e sanitarie (dal reddito per famiglia all’obesità passando per i posti in rianimazione), abbiamo valutato sia i dati di mortalità sia il numero di casi di positività a livello regionale e provinciale. E l’algoritmo ci ha mostrato come il dato più rilevante per valutare la distribuzione degli effetti pandemici (mortalità e infettività) del Sars-CoV-2 fosse proprio l’inquinamento atmosferico e il particolato fine (PM2.5). Parliamo di un 95% di margine predittivo rilevato, è accuratissimo. Abbiamo anche scoperto - continua - che le emissioni di industrie, allevamenti intensivi e traffico stradale, in ordine d’importanza, potrebbero essere responsabili di oltre il 70% dei decessi da Covid19 a livello nazionale».

Lo studio non si limita a dire che, come si sospettava, l’Italia del triangolo industriale Torino - Milano - Genova è l’area più colpita dal virus, a causa dell’esposizione all’inquinamento. È anche in grado di rilevare come 5 province del Nord, cioè Cremona, Lodi, Piacenza, Bergamo e Brescia, «hanno mostrato un eccesso di casi rispetto a quelli previsti dal rispettivo livello di inquinamento, confermando che altre cause locali e addizionali hanno aggravato gli effetti sanitari» del virus. E, forse soprattutto, svela come «al Sud la provincia di Siracusa su tutte, seguita da quelle di Taranto, Trapani e Agrigento hanno mostrato una carenza di casi osservati rispetto a quelli attesi».

Che vuol dire? Che il modello ha fallito? «No, tutt’altro - replica Cazzolla Gatti - Taranto è una zona altamente a rischio perché, al momento, quello che si è visto come numero di casi, non corrisponde a quello che il modello ha visto. Il modello ci dice che, in base a quel livello di inquinamento, nella provincia di Taranto, così come in quella di Siracusa, avrebbero potuto essere molti di più i casi di Sars-CoV-2 di quelli osservati». Come mai ne sono stati di meno? «Capire le ragioni non è semplicissimo. Potrebbe essere stata una tempestiva chiusura della regione a limitare la diffusione del virus. Ciò che sappiamo è che non agire a livello di tutela dell’ambiente vuol dire rischiare una situazione Covid come quelle del Nord. Siracusa e Taranto hanno avuto qualche migliaio di casi in meno dell’atteso. Potevano essere, potenzialmente, altre due Bergamo».

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