Greenpeace ritiene che «a poco serva il decreto ministeriale recentemente firmato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa sui procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale relativi ad attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare, dal momento che per queste attività continuerebbe a non essere richiesta la valutazione del pericolo di incidente rilevante». L’organizzazione ambientalista fa notare come in Italia non siano sinora mai state effettuate valutazioni pubbliche che prendano in considerazione tale aspetto di pericolosità.
Come indicato dal decreto legislativo 105/2015, ricorda Greenpeace, per incidente rilevante si intende un evento quale un’emissione, un incendio o una esplosione di grande entità che dia luogo a un pericolo grave per la salute umana o l’ambiente, relativo a uno stabilimento in cui si lavori con delle sostanze pericolose. Nello stesso decreto sono state però escluse dall’attuazione della Direttiva 2012/18/Ue relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti tutte le attività di esplorazione e sfruttamento offshore di idrocarburi.
«Un vuoto che il decreto firmato da Costa non ha colmato, ponendo l’esecutivo attualmente in carica in perfetta continuità con le politiche in materia dei precedenti governi - osserva l'ong - Questa mancanza ha infatti permesso, e continua a permettere, alle compagnie petrolifere di procedere alla richiesta di nuovi progetti di trivellazione senza presentare alcuno scenario di rischio rilevante», come Greenpeace ricorda di denunciare da anni.
«Cosa intende fare il governo durante questi diciotto mesi di moratoria? Vuole perdere altro tempo occupandosi di minuzie o intende affrontare questioni serie?», chiede Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace osservando che «se si vuole davvero uscire dall’era delle fossili è ora che si inizino a prendere provvedimenti seri, a partire dall’obbligo di valutare il pericolo di incidente rilevante anche per le piattaforme che estraggono idrocarburi in mare».