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Fatture false, chiesto processo per re degli outlet in affari con Renzi senior

 
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Inchiesta outlet, il «re» barlettano presenta carte false ai giudici per tornare libero

Il tribunale di Firenze

La Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per l'imprenditore e altri 5 accusati di evasione fiscale

Mercoledì 12 Settembre 2018, 19:17

21:26

Il pm Christine von Borries di Firenze ha chiesto all’ufficio gip il processo per il «re degli outlet» Luigi Dagostino e altri cinque indagati nell’inchiesta per evasione fiscale da 3 mln di euro (su Iva e imposte sul reddito) realizzata tramite fatture false per operazioni inesistenti attestate da società in Toscana e in Puglia. Secondo l'accusa, Dagostino, come titolare della società Andi di Figline Valdarno e cancellata nel 2016 dal Registro delle Imprese, recepiva fatture false, accumulando passivi fittizi, da società di Barletta come 'Building &; Engineering', 'Ruggero Rizzitellì ditta individuale, 'Bielle Costruzionì, 'Futura Costruzionì e 'House Builders'. Le fatture erano per lavori edili e noleggio di materiali (tipo ponteggi).

Il pm individua come parti offese l’Agenzia delle Entrate e il manager italo-francese Remì Leonforte. A Luigi Dagostino - in rapporti d’affari con Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo - scade oggi la misura cautelare degli arresti domiciliari che era scattata con l’arresto della guardia di finanza del 13 giugno 2018.

Tra gli altri imputati, la richiesta di rinvio a giudizio riguarda l’ex moglie di Dagostino, Maria Emanuella Piccolo, e la compagna dell’imprenditore Ilaria Niccolai, con lui socia al 70% nella Nikila Invest (Dagostino ha il restante 30%). Chiesto il processo anche per il manager, vicino a Dagostino, Amedeo Moretti Cuseri, 33 anni di Castiglion Fibocchi (Arezzo).

Inoltre, in uno stralcio della stessa inchiesta, per un falso verbale di un’assemblea (mai tenuta) della Nikila Invest, il pm ha anche chiesto il processo per il commercialista Federico Ariano e il consulente tributarista Matteo Faggioli, imputati di favoreggiamento reale in concorso. Il falso verbale sarebbe dovuto andare a sostegno di un’istanza di restituzione dell’immobile Villa Banti di Firenze, che era sotto sequestro preventivo.

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