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Cerignola, maxifurto di olive in terreno confiscato alla mafia intitolato a commerciante assassinato: scatta raccolta fondi

 
Redazione online

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Cerignola, maxifurto di olive in terreno confiscato alla mafia intitolato a commerciante assassinato: scatta raccolta fondi

Il terreno è dedicato alla memoria di Michele Cianci: fu ucciso il 2 dicembre '91 per essersi ribellato a una rapina nella sua armeria

Martedì 15 Ottobre 2024, 12:37

CERIGNOLA - Una raccolta fondi sul sito GoFundMe è stata lanciata dalla cooperativa sociale Altereco di Cerignola (Foggia) che ha subito un ingente furto di olive in uno dei terreni che gestisce e che sono stati confiscati alla mafia. Tutto è accaduto il 19 settembre scorso quando - stando alla ricostruzione dei responsabili della cooperativa - ignoti sono stati sorpresi da un operatore a sottrarre olive su un terreno a diversi chilometri dal centro abitato e intitolato alla memoria di Michele Cianci, il commerciante assassinato il 2 dicembre del 1991 dalla criminalità organizzata di Cerignola per essersi ribellato ad un furto nella sua armeria.

«Nell’occasione - spiega il presidente della cooperativa Altereco, Vincenzo Pugliese - l’operatore è stato anche aggredito dai malviventi perchè li ha filmati mentre sottraevano le olive. Da un controllo fatto nel grande perimetro del terreno ci siamo resi conto che, a più riprese sicuramente, erano riusciti a sottrarre qualcosa come il 90 per cento del raccolto, circa 40 quintali, procurando un danno davvero ingente». Il caso è all’attenzione della polizia a cui è stata sporta denuncia con tanto di materiale fotografico allegato.

«Vorremmo giustizia - continua Pugliese - ci piacerebbe vedere che i ladri fossero catturati e ricevessero la loro giusta condanna, ma siamo curiosi di capire chi ha acquistato le nostre olive visto che non sono così tante le strutture dove si lavora un’oliva Dop del genere. Il bene Michele Cianci è un bene confiscato situato in un’area addentrata, lavorare lì non è semplice, ma il giorno dopo eravamo lì come sempre a lavorare, a raccogliere peperoni e melanzane, perché lì coltiviamo speranza, una speranza concreta che passa attraverso il lavoro».

«La raccolta fondi - conclude Pugliese - è stata lanciata non solo per cercare di tamponare l’evidente problema che ci è stato arrecato, ma per condividere il danno con la gente del posto, per renderla partecipe, per far capire che i beni confiscati non sono un patrimonio di chi li gestisce o di chi ci lavora, ma di tutta la comunità. Sono luoghi da cui partono idee di cittadinanza».

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