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Questione demografica: le ricette del premier richiedono tempi lunghi

 
Guglielmo Forges Davanzati

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Guglielmo Forges Davanzati

culle vuote, pochi neonati

Giorgia Meloni ritiene che la questione demografica sia risolvibile attraverso maggiori investimenti per l’occupazione femminile

Giovedì 20 Aprile 2023, 09:33

Giorgia Meloni ritiene che la questione demografica sia risolvibile attraverso maggiori investimenti per l’occupazione femminile. La premier coglie un problema reale, ovvero lo scarso tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano, di gran lunga inferiore alla media europea. Va detto che il calo delle nascite non è un fenomeno recente: il tasso di fertilità (il numero medio di figli per donna) è sceso da 2.5 della fine degli anni Sessanta a 1.4 a metà anni Ottanta. Da allora questo tasso ha oscillato fra 1.2 e 1.4 (oggi si è a 1.24). Il processo è cumulativo: vent’anni fa c’erano meno neonati, oggi meno potenziali genitori. L’effetto della denatalità è, infatti, cumulativo.

Va detto che le immigrazioni hanno compensato fin qui la caduta del tasso di natalità, così come anche l’aumento dell’aspettativa di vita. Ciò pure a fronte del fatto che da nove anni la popolazione cala continuamente e che l’età media della popolazione in aumento ha effetti economici di segno negativo: rende, in particolare, più difficilmente sostenibile il sistema pensionistico e riduce il tasso di crescita della produttività del lavoro.

Fino a quando il tasso di fertilità resta inferiore a 2, in assenza di immigrazioni, ogni anno il numero di coloro che va in pensione è superiore al numero di coloro che entrano nel mercato del lavoro.

I rimedi sono sostanzialmente due:

1) Quello proposto dal Governo, ovvero provare ad aumentare il tasso di natalità. Va detto che l’operazione, nei Paesi industrializzati, è riuscita solo alla Svezia nei tempi più recenti, ovvero negli anni Ottanta e nei primi anni Duemila, con la transizione da un valore pari a 1.6 a un valore pari a 2. Nella media dei vari Paesi, l’impatto della spesa pubblica è stato contenuto. In più, va detto che la ricetta Meloni (dati i risparmi di cui al DEF in approvazione) è a costo zero, mentre l’operazione svedese ha richiesto ingente spesa pubblica.

2) Una buona politica di integrazione comporta un elevato tasso di sostituzione fra anziani e giovani senza costi, anzi in assenza o con i minimi costi per i respingimenti. Va precisato, infatti, che i respingimenti sono molto costosi e che una politica di integrazione, a ben vedere, conviene, anche in considerazione della numerosità non esorbitante di immigrati sul territorio italiano, se comparata con quella dei nostri maggiori partner europei.

In più, le immigrazioni producono crescita per numerose ragioni. In primo luogo, le immigrazioni garantiscono un’adeguata copertura pensionistica i nativi; in secondo luogo, gli immigrati – data la loro giovane età – tengono alta la produttività del lavoro; in terzo luogo, come documentato su varie fonti ufficiali, contribuiscono agli investimenti privati, mediante la creazione di nuove imprese.

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