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Altro che sottosviluppo, nonostante tutto il Sud è sempre cresciuto

 
lino patruno

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lino patruno

Altro che sottosviluppo, nonostante tutto il Sud è sempre cresciuto

Non c’è più, e non c’è più da tempo, la questione meridionale che parlava di territorio in «ritardato sviluppo»

Venerdì 30 Maggio 2025, 13:01

Possiamo dire che la «questione meridionale» non c’è più? Anzi possiamo dire che non c’è più da tempo? Possiamo azzardare una affermazione così blasfema e irriverente per quanti sulla «Questione meridionale» hanno speso vite e passioni? Non c’è più, e non c’è più da tempo, la questione meridionale che parlava di territorio in «ritardato sviluppo». Che parlava di territorio «in via di sviluppo». Se non parlava addirittura di territorio in «sottosviluppo». Perché il Sud non ha mai smesso di svilupparsi. E non ha mai smesso di svilupparsi nelle peggiori condizioni. Tanto peggiori da ritenere che no, mai avrebbe potuto raggiungere i risultati raggiunti. Tanto più che l’accento sulla presunta arretratezza non è stato mai uno stimolo per combatterla. Non è stata mai per i governi del Paese un incentivo a fare ciò che sarebbe stato necessario per trasformare quelle peggiori condizioni dell’economia (e non solo) in condizioni migliori.

Siamo alla svolta culturale o al «nuovo paradigma». Insomma la «Questione meridionale» ha creato più la convinzione che nulla si potesse più fare, che un incentivo a cominciare a fare qualcosa di diverso. La «Questione meridionale» è stata un alibi per non fare più per il Sud che per fare, quand’anche si fosse voluto fare. Il fatto è che non soltanto il Sud fa parte del 15% più ricco del mondo (come i maggiori istituti di ricerca internazionali certificano). Non soltanto il Sud è una volta e mezza davanti a zone «sacrificate» e «dimenticate» nello stesso modo altrove. Ma è sempre andato in avanti. E quindi è un territorio in sviluppo, non in via di sviluppo o in sottosviluppo. E quand’anche lo si voglia definire in «ritardato» sviluppo, sarebbe in ritardo verso chi si è più sviluppato anche grazie a tutto ciò che dal Sud ha attinto.

Il Sud ha contribuito alla crescita nazionale più di quanto sia stato messo in condizione di crescere per sé stesso. Vi ha contribuito con le sue braccia che non sono state accolte nel resto del Paese come fa un benefattore con i bisognosi. Carità. Ma sono state irrinunciabili anche per chi metteva cartelli come «Non si affitta ai meridionali». Non le volevano ma non potevano farne a meno. E quei meridionali ai quali non si affittava hanno consentito di avere case da affittare anche a chi respingeva inquilini «che sembrano negri». E questo è avvenuto non solo grazie a una violazione tanto costante della Costituzione verso il Sud da prefigurare un atteggiamento sovversivo dei vari governi. Ma anche grazie a una conseguente serie di leggi di distribuzione della spesa pubblica che almeno dal 2001 hanno sottratto al Sud 61 miliardi all’anno. Sottratti e destinati al Centro Nord, come anche un Calderoli ha ammesso.

Questo è il famoso «divario». Un divario di mezzi più che di risultati. Quindi una forma di terrorismo per dissuadere. Perché i risultati di crescita del Sud sono andati ben al di là di quanto la sperequazione di mezzi poteva far attendere. Divario di servizi ed infrastrutture, senza i quali è difficile anche produrre uno spillo. E altro che spilli si producono al Sud, dalle auto agli aerei, dai camion ai treni, dalla moda all’energia alternativa, dai farmaci al primato agricolo in Europa, dalla dieta mediterranea all’acciaio ai microchip. Grazie allo stesso riconosciuto talento dei lavoratori meridionali al Nord. Quelli che stranamente al Sud sarebbero stati incapaci, così additati perché non producevano quantità come quelle prodotte al Nord. Senza che nessuno si sia mai preoccupato di capire che anche l’ingegno deve fare i conti col contesto. E l’uomo non può prescindere dal contesto. Con l’ingegno e l’inventiva che non sempre possono farcela senza un tornio o un computer all’altezza.

Quando i fondi per il tornio e il computer ci sono stati, il Sud è addirittura cresciuto più del Centro Nord. È andato contro natura. Metti negli ultimi anni i fondi del Pnrr, quelli dello sviluppo e coesione (quando salvati dai continui scippi, come ora che li si vorrebbe usare per il riarmo), quelli delle Zes. E addirittura a parità di investimenti il Sud rende più del Centro Nord, più produttività. Facendo capire al Paese quanto più benessere ci sarebbe potuto essere per tutti non togliendo a chi aveva più spazi e margini, per dare a chi, essendo già saturo, rendeva meno. Ecco perché, per dirne una, a Bari e in Puglia sbarcano multinazionali tecnologiche: conviene di più (oltre che, scontato, si mangia meglio).

E i ragazzi che dal Sud vanno via? Sono il pedaggio della diseguaglianza di un Paese dal quale vanno via pure dal Nord, dove ci sono meno condizioni per farlo. Una Questione Italiana. Ma il contro-esodo verso il Sud è in corso (così come è sempre più diffusa la «restanza»). Perché il divario, più che bloccarlo, lo stimola. Perché il Sud è l’attrazione nel Mediterraneo. Perché, come detto da chi lo ha scoperto, «laggiù si fanno meraviglie». Perché una nuova storia vi si può scrivere.

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