È un video maschilista. No, è un video femminista. In realtà non vuol dire niente. O forse sì, ma non è chiaro. In linea di massima, si sono divertiti tutti e si sono arrabbiati in tanti o tante o tant*, fate voi. L’unica certezza è che lui è tornato. Non Mussolini o Hitler, come nei celebri libri/film, ma Checco Zalone in tandem con il regista Gennaro Nunziante.
Il video «L’ultimo giorno di patriarcato» ha centrato lo scopo di prendersi la scena e quasi monopolizzare l’8 marzo. Se ne parla ovunque, soprattutto sui social, nella solita cloaca d’odio in cui gli utenti si accusano l’un l’altro di non aver capito nulla del significato profondissimo della canzone che risuona nel girato. Siamo a San Masculo, immaginario paesino roccaforte di un patriarcato che, però, sta per essere bandito. Gli uomini, tutti baffi, giacca e coppola, radunati al bar «La nerchia» assaporano gli ultimi istanti di dolce vita prima che i ruoli si capovolgano e tocchi loro cimentarsi con paste al forno (bruciate), panni mal lavati, vestiti mutilati dal ferro da stiro e via distruggendo la quiete familiare. Le donne, dal canto loro, liberate da una vita di schiavitù, esercitano la riconquistata libertà a colpi di shopping, apericena al bar «La perchia», bondage a letto e toy boy. Quindi trogloditi, innamorati dei privilegi e poi cornuti i primi. Frivole, disimpegnate e disinibite (eufemismo, avete capito) le seconde.
Morale? È la formula vincente del duo Zalone-Nunziante: provocare la risata lavorando sull’irruzione liberatoria del politicamente scorretto. Certo, sono lontanissimi i tempi del dissacrante capolavoro Quo Vado («Ma cos’è questo?», «Il concerto per non dimenticare», «No, e chi se lo scorda?»), qui il volo è leggero, controllato. Ma la strategia resta quella.
Comicità a parte, si intravede una critica a chi pensa di risolvere le questioni di genere femminilizzando l’uomo e mascolinizzando la donna, cioè con una vendicativa inversione dei ruoli. Ma, in linea di massima, i grandi ragionamenti restano fuori dal video. Il patriarcato non è roba di bar o faccende domestiche. Per la verità - anche se non si può dire - non esiste nemmeno più da un pezzo, essendo la lunga scia di grandi e piccole tragedie quotidiane figlia proprio della sua fine (l’uomo perde il controllo sulla donna e prova a riaffermarlo con la violenza) e non del suo trionfo. Ad essere onesti, da qualche parte ancora sopravvive nella sua versione sistemica: ad esempio in alcuni Paesi arabi, spesso nostri solidi alleati, o in certe inaccessibili enclavi islamiche delle metropoli europee. Ma è come se non ci fosse perché a quelle latitudini l’immunità diplomatica del politicamente corretto - sponda accoglienza e tutela della diversità culturale - impedisce scomuniche.
San Masculo, insomma, con i suoi uomini e le sue donne, non esiste. Abita, al limite, il cielo del grottesco, quel mondo delle idee ambigue che stanno un po’ di là e un po’ di qua. Vale sempre il vecchio adagio: se non cogli l’ironia, allora l’oggetto dell’ironia sei tu. Fatevi una risata.