Dedicato a tutti quelli che… In effetti, magari «bastasse una canzone» alla Ramazzotti a spiegare il Sud a tutti i testoni che non la vogliono capire. Quelli capaci solo di parlare di divario come se fosse una novità. Capaci solo di dire, ce ne andiamo al Nord, lì tutto funziona. E detto con l’aria di parlare dei meridionali solo come incapaci, e il clientelismo, e non c’è la mentalità, e il malaffare, e a Milano invece. Capaci di parlare così e di non togliersi mai dai piedi. Capaci di parlare come se i meridionali fossero sempre gli altri.
Senza tentare mai di porsi un «Why?», perché?, pur facendo sforzi, e da tempo, questo giornale per rispondere. Detto mille volte: andate a vedere (o fatevi spiegare) i Conti Pubblici territoriali, quelli coi quali lo stesso ministero dell’Economia illustra come lo Stato spende i soldi di tutti per il Paese.
Li spende come se non fosse il Paese di tutti, ma il Paese dei privilegiati e il Paese dei danneggiati. Il Paese per il quale c’è la «spesa storica» che lo favorisce, e il Paese che da questa spesa storica è sfavorito. Il Paese (dicono sempre i conti dello Stato, non il primo scappato di casa) in cui per ogni cittadino centro-settentrionale lo Stato spende fra i 3 mila e i 3500 euro all’anno in più che per ogni ogni cittadino meridionale. Spesa che non vuol dire coriandoli e cotillons, ma servizi essenziali per la vita di ogni giorno: dalla sanità alla scuola, dagli asili nido ai trasporti, dall’assistenza agli anziani all’università.
E spesa che vuol dire infrastrutture: strade e treni, credito e ricerca, tecnologie e connessioni alla Rete. Spesa che vuol dire insomma qualità della vita. Quella che è più alta a Bergamo o a Bologna rispetto a Bari o Taranto. E non perché così è e basta, e non perché a Bari e Taranto ci siano cialtroni e lassù no. Ma perché lo Stato italiano fa in modo che così sia, e amen.
Qualche cifra sulla Puglia? Cominciamo dalla sanità, la salute («sono stato in un ospedale di Pavia, devi vedere»). Per ogni pugliese spesa statale di 2.037 euro annui, per ogni emiliano 2.423 (Basilicata 1.988). Vogliamo vedere i trasporti locali? Per ogni pugliese spesa statale di 338 euro, per ogni lombardo di 400 (Basilicata 355). L’istruzione? Per ogni pugliese 838 euro, per ogni altoatesino 1.718.
E così gli asili nido pubblici: solo per un bambino su cinque in Puglia, per uno su tre in Veneto. Poverini, un doppio peccato originale: quello ereditato da Adamo, e quello ereditato dalla Teoria del Caos, che ti fa nascere in un posto sfigato e non in un altro. Con la prima conseguenza: meno lavoro di quanto ne occorrerebbe. E non a caso, ma per legge (di bilancio). Quindi emigrazione forzata.
Il problema è che (detto per i sullodati testoni del «me ne vado a Milano») è che va così da tanto di quel tempo, da sembrare normale: la normalità delle diseguaglianze. Anzi, «spesa storica», come se la storia dovesse essere immutabile. Cui l’attuale governo (e responsabile anche il centrosinistra in passato) voleva aggiungere l’autonomia differenziata, che per il Sud sarebbe stata lo schiaffo peggio della coltellata. Avendo però ammesso gli stessi candidati schiaffeggiatori che, per ottenere questa autonomia a favore di Lombardia, Veneto, Emilia, qualche pallina colorata al Sud dovevano mollarla. I famosi Lep (Livelli essenziali di prestazione): cioè calcoliamo ciò che da Garibaldi in poi non è stato mai calcolato, i bisogni del Sud. E non bisogni come grazia ricevuta, ma come minimo essenziale per vivere.
Diciamo minimo costituzionale sempre violato nei confronti del Sud. Diciamo trattamento colonialistico sempre riservato al Sud. Allora l’uomo della strada dice: essendo stati sempre finanziati meno del dovuto, ora che sono calcolati dovrebbero essere finanziati di più, altrimenti giochiamo alle tre carte. Tanto elementare, Watson, se Watson non stesse in Italia. Risposta più agghiacciante di un film horror: non c’è un euro in più. Anzi dovete finanziarvi per conto vostro riducendo le spese inutili (questo detto da uno Stato che con 3 mila miliardi ha battuto ogni record di debito).
Poi, di fronte ai «ma come?», è scattato il piano B anti-Sud: nel finanziare i bisogni si dovrà favorire chi ha il costo della vita più alto. Si è subito pensato (per fare un esempio) a Milano: lì un chilo di pane costa il doppio rispetto a Lecce. Ma allora bisogna parlare di costo degli acquisti, non della vita.
Perché vita vuol dire tutto il resto che abbiamo visto: sanità, scuola, trasporti che costano di più dove meno ce ne sono. Cioè Lecce e non Milano. Allora fatti il totale.
«Se bastasse una canzone» alla Ramazzotti a spiegare il Sud, ora anche i testoni che se ne vogliono andare a Milano dovrebbero averlo capito. Se non l’hanno capito, non vadano a Milano, i milanesi potrebbero convincersi che i meridionali sono tutti così. E invece loro sono più così dei così.