Sabato 06 Settembre 2025 | 18:54

Bari, le borse firmate e quella corruzione da «Io tengo famiglia»

 
lino patruno

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lino patruno

Bari, le borse firmate e quella corruzione «Io tengo famiglia»

Un tempo ci è stata Tangentopoli. Tutti dissero: non deve succedere più. Ora la corruzione si è normalizzata, imborghesita oltre che banalizzata, è diventata più miserabile

Venerdì 13 Dicembre 2024, 13:42

13:58

Diciassette borse di lusso. Se la Puglia è la quinta regione d’Italia per corruzione, è anche perché alle donne coinvolte piacciono le borse, che ci vuoi fare. Come hanno raccontato le indagini giudiziarie, le diciassette borse non sono state trovate nell’inaccessibile caveau di una banca. Ma nell’armadio della camera da letto matrimoniale di una signora ora agli arresti per uno scandalo alla Asl di Bari. E si capisce. Non è che ci si fa dare come tangenti delle Vuitton, delle Gucci, delle Prada e le si tiene lì inutilizzate, sarebbe un peccato. E bisogna apprezzare che non c’erano né una Balenciaga né una Chloè che sono le più desiderate. C’erano anche collane non proprio da bigiotteria più bracciali e anelli, oltre a mazzettone di soldi più o meno imboscati di qua e di là. Sono un problema questi contanti, sviluppano volume e non c’è mai spazio dove tenerli.

La magistratura farà il suo lavoro, e nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. Ma ora già li sentiamo i moralisti. Perché non sanno che le borse non sono borse e basta. Dicono gli psicologi che sono un simbolo di femminilità rigenerativa, insomma una sorta di utero che fa sentire protetti e contiene il proprio io. E in tempi di gelo demografico senza figli, tu vuoi stare a discutere se una si consola con un diversamente utero? Del resto la ricordiamo la rottura matrimoniale fra Totti e Illary. Che cosa le andò a scippare l’ex capitano della Roma per farla incazzare come una iena? Le borse. Cui lei rispose fregandogli la collezione di Rolex. Dimostrazione dell’alto livello reciproco, s’intende economico. Ma non solo in Puglia e in Italia, non fustighiamoci sempre. Ora stanno facendo una storia anche in Corea del Sud con la moglie del presidente rea di aver accettato una Christian Dior «Lady» da un corruttore che avrebbe così voluto screditare il marito (poi lui ci ha pensato a farlo da sé proclamando una legge marziale a ciel sereno).

Ma sempre per rispondere ai moralisti, parliamo di borse e devono ammettere che non ci sono scarpe coinvolte. Se pensiamo alla chiacchierata ex presidentessa delle Filippine che ne aveva duecento paia in un stanza dedicata, si capisce che la nostra signora Asl si è poi contenuta. E non dimentichiamo (sempre ad onore delle nostre) che in «Sex and City» rubarono delle Manolo Blahnik (1136 euro) direttamente dai piedi di Sarah Jessica Parker. E in pieno giorno a Manhattan, non in una sfigata periferia.

Così come francamente non sarebbe giusto credere che ci siano solo debolezze umane da alta moda. Per fortuna c’è anche una corruzione da alta cucina. Come i soldi di Pugliapromozione che, sempre secondo le indagini, invece di promuovere la Puglia, sarebbero stati utilizzati per promuovere un ristorante stellato, per gentile concessione di un ex direttore a favore del figlio. Più viaggi negli Stati Uniti, soggiorni in Sardegna, o la maratona di Berlino (bisogna pur smaltire i piatti gourmet da archichef) per parenti e amici. Varie ed eventuali, elettrodomestici, biciclette, abiti (rieccoci).

In Italia la corruzione costa ogni anno centomila euro. Costa allo sviluppo del Paese, perché sono risorse sottratte agli investimenti e al benessere generale perdendosi in utilizzo personale e improduttivo. Costa anche perché il sistema del pagamento pure per ottenere quanto ti spetta fa costare di più alla comunità qualsiasi cosa e rischia di scoraggiare qualsiasi iniziativa. Se per partecipare a una gara devo pagare un tributo a parte, o non partecipo o poi cerco di rifarmi alzando artificialmente i costi a danno delle tasse di tutti. La corruzione costa anche perché premia i meno efficienti e capaci (ma più disposti a pagare) a danno dei più efficienti e più capaci. La corruzione fa vivere al ribasso il Paese non solo perché altera la competizione verso il peggio ma anche perché diffonde la sensazione che sia tutto sporco. Inducendo i disillusi e indignati a non votare più. La corruzione è l’iniezione letale per la democrazia.

Un tempo ci è stata Tangentopoli. Tranne eccezioni, si finanziavano i partiti più che i conti bancari personali. Una cupa grandezza anche nei protagonisti oltre che nelle storie. Tutti dissero: non deve succedere più. Come se nulla fosse è continuato sotto traccia, diventando patologia cronica nazionale. Ora la corruzione si è normalizzata, imborghesita oltre che banalizzata, è diventata più miserabile. Una corruzione da «tengo famiglia». In una Puglia in cui la politica dà il peggio di sé non approvando il bilancio finché non ottiene la buonuscita natalizia e fondi per feste paesane e compari. E in un Paese troppo cattolico per essere anche etico. Basta una borsa, seppur di lusso, per farsi ricattare o per ricattare. Involuzione della specie.

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