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Tra la Puglia e Pescara ormai è una transumanza in senso contrario

 
Enzo Verrengia

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Enzo Verrengia

Tra la Puglia e Pescara ormai è una transumanza in senso contrario

foto Wikipedia

Il capoluogo abruzzese diviene meta di una migrazione interna paragonabile a quella dei newyorkesi che si trasferiscono in Florida per cercare una migliore qualità della vita

Domenica 07 Gennaio 2024, 14:45

15:52

Puglia-Pescara: da decenni è in corso una transumanza al contrario. Finita l’epopea del Lecce-Milano, la tratta che porta verso il nord si fa più breve. Il capoluogo abruzzese diviene meta di una migrazione interna paragonabile a quella dei newyorkesi che si trasferiscono in Florida per cercare una migliore qualità della vita. Dapprima gli studi universitari, poi l’insediamento lavorativo, infine l’edonismo di una classe benestante attempata che vuole godersi il tramonto della vita fra passeggio elegante, shopping, cene sulla riviera o in collina.

Tempo fa si leggeva sul sito locale: «Pescara è città semplice…a “misura d’uomo”, non ancora invasa dal turismo di massa, dove ospitalità, buona cucina e vitalità potranno rendere “unico” il vostro soggiorno in riva al mare».

Parole che però valevano fino agli anni ‘60, quando Ennio Flaiano, un pescarese che ha segnato la cultura nazionale, ne lamentò il «degrado per modernizzazione». Eppure le parvenze di una mitologia fatua e priva di ancoraggi storici resiste, specialmente nelle gite di fine settimana, quando con prevalenza dalla provincia di Foggia convergono su Pescara i proprietari di case per le vacanze a Francavilla, Montesilvano, Silvi Marina e dintorni.

Si tratta di una popolazione non stanziale, non mimetizzata come i pugliesi che vi si integrano al punto di sopire l’inflessione originaria per acquisire il romanesco d’imitazione degli autoctoni.

I punti di appoggio sul territorio abruzzese costituiscono motivo di esibizione: «Questo fine settimana siamo a Pescara».

È la ricerca di una Disneyland a distanza ravvicinata. Da Lecce, da Bari e da Foggia non occorrono tempi biblici per bruciare l’A14 e sbucare alle uscite fascinose di località che promettono spensieratezza, shopping, succedanei della civiltà più amata, quella americana. Del resto, fin dagli anni ‘50, Guido Piovene, fra le pagine di Viaggio in Italia, descrisse Pescara quale miniatura di Los Angeles. Non che l’ultimissima e dannosa voga mediatica della cosiddetta Bari violenta aiuti a reindirizzare l’esodo pugliese. Il quale ignora o sfuma una realtà differente da quella virtuale creata a proprio uso e consumo.

Nell’aprile del 2022 fu ferito gravemente Yelfri Guzman, giovane cuoco dominicano di un risto-bar del centro di Pescara, cui aveva sparato Federico Pecorale per il il servizio troppo lento. Pochi mesi dopo, l’uccisione in un bar dell’architetto Walter Albi.

Il delitto per eccellenza nelle cronache criminali pescaresi risale alla notte fra il 5 e il 6 ottobre 1991, quando il legale Fabrizio Fabrizi fu freddato con cinque colpi calibro 7,65 in presenza della collaboratrice e compagna, Patrizia Donatelli. Dopo tante svolte giudiziarie, l’omicidio rimane irrisolto. Non però la sua lettura contestuale. Pescara stava cambiando. Finché nella classifica annuale compilata dal Sole24 Ore per il 2023 la città viene collocata al 12º posto in Italia fra quelle più pericolose. D’altronde, l’altissima densità di vetrine in centro si è perduta con la dissennata apertura di ipermercati fuori dalla cinta urbana. Al posto dei negozi griffati, botteghe etniche dinanzi alle quali si formano assembramenti sospetti. La zona centrale perde glamour. Divenuta il cuore di una movida rumorosa, alcolica, aggressiva. Come Los Angeles, su Pescara incombe un’inquietudine urbana irreversibile.

Vi si aggiunge l’alta percentuale di divorzi. La famiglia perde la sua funzione stabilizzante di solidità per divenire un periodo transitorio di coppia.

Succede anche altrove, dato il dilagare della condizione post-moderna. Solo che nell’Abruzzo dalla forte tradizione familiare, il disfacimento dei legami produce effetti devastanti.

Lo si capisce anche sul piano visuale. Pescara è una città che sfugge di continuo fuori dai finestrini delle auto, nel traffico ossessivo che può arrivare a distruggere la percezione del senso. I pugliesi, con la frenesia di trovarla, la inseguono lungo code di lamiere senza riuscirci, come la pentola ai piedi dell’arcobaleno.

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