Ma davvero dobbiamo sorbirci ogni anno questa classifica sulla qualità della vita? Ma davvero dobbiamo considerarla più di una Bibbia, di un Corano, di un Talmud? Ma davvero l’iniziativa di marketing di un giornale deve essere il giustiziere senza appello di una città o di un’altra d’Italia? Ma davvero dobbiamo esaltarci o deprimerci perché qualcuno ha messo insieme un po’ di suoi dati per emettere sentenze che neanche l’oracolo di Delphi? Ma davvero dobbiamo accoglierla con i sindaci cosiddetti vincenti che si pavoneggiano in tv e con quelli cosiddetti perdenti che balbettano quasi li avessero scoperti con le mani nella marmellata?
Dice: parla così perché le città del Sud sono da sempre in fondo a questa classifica (quest’anno: Bari 69ma su 107 e prima meridionale, Lecce 71ma e seconda meridionale, Potenza 83ma, Matera 84ma, Barletta-Andria-Trani 85me, Taranto 97ma, Brindisi 100ma, Foggia 197ma e ultima d’Italia). E cosa fa il Sud di fronte a queste posizioni? Si vergogna. E invece dovrebbe pretendere le scuse. Le scuse. Perché la sopradetta classifica è basata soprattutto sul livello di servizi e di infrastrutture. Quelli che, come sanno anche i bambini, al Sud sono tutti al disotto del livello del Centro Nord. Anzi sono addirittura al disotto del minimo previsto dalla Costituzione. La quale, al suo articolo 3, secondo comma, afferma che non deve esserci differenza di trattamento a seconda di dove sei nato.
Invece, sempre per dire, un bambino appena nato al Sud piange più di un neonato del resto del Paese, perché non fa in tempo ad aprire gli occhi per capire di essere venuto al mondo nel posto più bello ma più sfigato di tutti. Perché non avrà, almeno quanto gli altri, l’asilo nido pubblico, il tempo prolungato, la mensa scolastica, lo scuolabus, la palestra, la biblioteca. Capirà insomma di essere un diversamente italiano. E così dopo per l’università, per la sanità, per i trasporti pubblici, per l’assistenza agli anziani e ai disabili.
Perché? Perché la spesa pubblica annuale (quello dello Stato) per ogni cittadino meridionale è fra i 3 mila e i 3700 euro in meno rispetto a quella per ogni cittadino centrosettentrionale. E perché (altro perché)? Perché così si è sempre fatto con la spesa «storica» che ha privilegiato gli uni e danneggiato gli altri. E perché (terzo perché)? Perché si è sempre deciso, in questa povera patria, di far crescere di più una parte del Paese, tanto qualcosa poi sarebbe sgocciolato nel resto del Paese (trickle-down, dicono gli inglesi). È il concetto della locomotiva del Nord sufficiente per trainare il bagaglio appresso. E’ la truffa che non danneggia solo il Sud..
È stato calcolato che una media di 3 mila euro di spesa pubblica in più per ogni pugliese significherebbe 12 miliardi all’anno, cioè il 17 per cento in più del Pil (il reddito complessivo). E per tutto il Sud significherebbe almeno 65 miliardi all’anno (sempre il 17 per cento del Pil) con i quali si potrebbero costruire cinque Ponti sullo Stretto di Messina. Sessantacinque miliardi che invece vanno ogni anno al Nord operoso, integerrimo, civile. E quanto alle infrastrutture (per le quali non è stata mai fatta la perequazione sollecitata da, udite udite, addirittura Calderoli): perché il Sud non deve avere l’alta velocità ferroviaria che si ferma a Salerno ed è pagata anche con le tasse dei meridionali? O i treni più veloci fra le città del Sud? E no, va a finire che il Sud si mette insieme e comincia a fare a meno di dipendere dal Nord. Nel vocabolario si chiama colonialismo.
Ma tutto questo agli autori della classifica non interessa. Prima non si danno i servizi al Sud, poi lo si boccia perché non li ha. Dategli ogni anno quei 3 mila euro e rifate la classifica. Ma finora la classifica si risolve (senza volerlo?) in una criminalizzazione: tutta colpa del Sud, magari delle classi dirigenti. Trovato il colpevole. Detto dal giornale di una Confindustria col grosso delle industrie al Nord. Una classifica non motivata che può voler dire: non andate in vacanza al Sud, non andate all’università al Sud, non andate a investire al Sud, mandate via i vostri figli dal Sud, anzi non li fate neanche nascere più.
A parte i parametri usati e altri non usati. Ma insomma è probabilissimo che un barese non andrebbe mai a vivere a Udine, 98 mila abitanti, quest’anno la presunta migliore città (e provincia) d’Italia: meglio il mare. Perché c’è un genius loci, uno spirito del luogo che non viene considerato. Una felicità che sfugge all’economia e agli affari. Non sentirsi mai soli. In questo senso è possibile che ci sia più vitalità a Matera che a Torino. Insomma si può stare peggio ma vivere meglio. Ma chi glielo va a dire ai Savonarola delle classifiche?