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Dalle religioni speranza alle donne (e non al maschilismo)

 
Lino Patruno

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Lino Patruno

Dalle religioni speranza alle donne (e non al maschilismo)

Ma le religioni, non hanno nulla da farsi perdonare dalle donne?

Venerdì 01 Dicembre 2023, 14:44

Ma le religioni, non hanno nulla da farsi perdonare dalle donne? Circola in questi giorni sui social un manuale di 17 comandamenti, con l’intestazione Famiglia Cristiana. Voler bene al marito. Rispettarlo come capo. Obbedirlo come nostro superiore. Assisterlo con premura. Ammonirlo con reverenza. Rispondergli con grande mansuetudine. Tacere quando è alterato. Sopportarne i difetti. Schivare la familiarità con altri uomini. Essere sottomessa alla madre del marito e ai suoi vecchi. Umile e paziente con le cognate. Riservata nei discorsi.

Famiglia Cristiana non è la Chiesa. E certamente quel manuale sarà più preistorico di un dinosauro. Ma sembra la linea di difesa di un femminicida. E quanto alla storia, sono duemila anni che la cristianità diffonde un messaggio che certo non è compiacente verso la donna. E di cui è permeata la tradizione di tanta umanità. A cominciare da Eva e dalla sua mela tentatrice, cioè la responsabile del peccato originale di quel bacchettone di Adamo e di tutti noi che così nasciamo colpevoli senza colpa. E le streghe bruciate sul rogo. E il «no» al sacerdozio femminile. E quell’entrare in chiesa a capo coperto tutt’altro che unisex. O vestiti in maniera decorosa altrettanto a senso unico. E anche il nono Comandamento (quello con la «c» maiuscola): Non desiderare la donna d’altri. Quasi sotto sotto la si accusasse di essere causa di eventuali peccati del solito fragile dominatore: l’uomo.

Si dirà (come la Chiesa dice): è dottrina che risale ai vangeli, quindi precetti non discutibili per i credenti. Ma poi la Chiesa ha fatto poco per evitarne le degenerazioni. O per bandire chi in suo nome questa dottrina l’ha usata per ragioni di potere e non di fede. E lasciamo stare le predicazioni in un senso e la pratica nell’altro di tanti principi della chiesa stessa: siamo tutti peccatori. Con papa Francesco tante cose sono cambiate, e anche in questo senso. Qualcuno dei progressisti dice non tanto quanto servirebbe. Ma altri dei conservatori già gridano all’eresia.

Però non solo cristianesimo, non essendoci confronti in tal senso con l’islamismo. Il cui segno esteriore del velo non è solo un segno esteriore. E le cui battaglie a capelli sciolti delle ragazze iraniane sono costate e costano loro mutilazioni, frustate, morte. Donne che nell’Afghanistan dei talebani non possono uscire senza il marito, non possono andare a scuola, non possono lavorare. Ibernate non solo in uno chador mortificante per i loro corpi, ma tombate in una esistenza di invisibilità. Saranno degenerazioni dell’islamismo, o interpretazioni nazionali o di setta. Ma in tante parti del mondo questo avviene in un rispettabilissimo credo spesso vittima di interpretazioni estreme se non arbitrarie.

E così da una parte e dall’altra la donna resta donna con tutte le minacce sul suo capo. Con la sottocultura del patriarcato che si afferma non come sottocultura ma come consuetudine: perché, non è così? E una psicologia maschile secondo cui la donna non è neanche l’altra metà del cielo (notare quell’«altra» che presuppone una «prima» metà). Ma l’oggetto di un dominio che parte da una storia collettiva: davvero il «rispettarlo come capo» di Famiglia Cristiana prima maniera. E così il signor uomo incapace di reggere un rifiuto, o una sconfitta, o una indipendenza, o un abbandono nonostante una sua violenza non solo psicologica, così passa al coltello. Esito di una storia più lunga del presunto raptus del momento.

Poi il diritto di voto concesso in Italia solo nel 1946. E il vocabolario della lingua italiana incapace finora di trovare una soluzione al genere maschile per parlare insieme di uomo e di donna. E il «signori e signore» della vita quotidiana. E i maschietti col fucile e le femminucce con le Barbie. E il diverso compenso a parità di lavoro. E tutti i posti di comando e di responsabilità al dottore e non alla dottoressa. Fino al punto che la presidente si continua a chiamare il presidente. E uno stupro o abuso ogni sei ore, col «no» che non sarebbe un no, ma un «fai tu». E la barbarie della guerra in cui lo stupro è il più bestiale atto di conquista e di vilipendio. Anche per questo le religioni dovrebbero offrire una speranza e non un ipotetico alibi.

(PS. Necessaria e provvidenziale la manifestazione femminile «Non sei sola» di giorni fa a Roma dopo l’uccisione di Giulia. Ma non si capisce perché non si sia parlato anche del 7 ottobre in Israele, quando gli uomini di Hamas hanno compiuto il più grande stupro di massa della storia, come ha scritto Libération, il giornale della sinistra francese. Almeno le stuprate vorrebbero saperlo).

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