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Italo Calvino, i 100 anni e il silenzio «assordante» di una città invisibile

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Italo Calvino, i 100 anni e il silenzio «assordante» di una città invisibile

Nel suo nuovo libro, Gianfranco Dioguardi fa riemergere un racconto incantevole del grande scrittore e intellettuale di cui ricorre l'anniversario della nascita

Domenica 15 Ottobre 2023, 14:18

Siamo un po' tutti malati di «anniversarite». Una patologia che però dona anche benefici, visto che permette di rinfrescare memorie appannate o di conoscere nuovi orizzonti culturali. Italo Calvino avrebbe commentato come il protagonista del suo Il cavaliere inesistente e cioè che «anche ad essere s'impara». E in effetti il profluvio di letture, pièce, immagini e amarcord che sono in giro per il mondo in occasione di questo centenario dalla nascita di Calvino non può che essere un toccasana sociale, visti i tempi «barbari» che viviamo. In più, celebriamo uno scrittore fantasioso e realista al tempo stesso, che fu un oppositore della guerra (e quanto ne abbiamo bisogno!) e un creatore di mondi «altri» che non sono solo città invisibili, ma anche traguardi a portata di mano, se solo lo vogliamo.

Calvino ha sempre usato i due piani di lettura, lasciandoci pagine che possono essere godute prima per la loro immaginazione e poi per la verità di cui ci inondano. Almanacchi che raccontano vite da enciclopedia, campionari di stili e di universi (im)possibili, quasi un percorso tra cosmicomiche e molteplicità iper-realistiche che però l'autore ha saputo ben riordinare grazie a quell'acutezza dello scrivere e del pensare che è forse uno dei messaggi in bottiglia più diretto e più dedicato a noi. Provate a leggere le sue Lezioni americane e troverete tutto ciò di cui siamo circondati, dall'approssimazione – non solo nel linguaggio – alla banalità, dai falsi storici a quella voglia di imporre un pensiero unico che già Calvino intravedeva.

Queste lezioni, preparate per l'invito che la prestigiosissima Università di Harvard fece al nostro Italo Calvino, furono scritte nel 1985, quando i pericoli del nuovo Millennio si affacciavano e internet stava per diventare – pochi anni dopo – il dio di tutti. La parola, la serietà, la precisione, erano già da tempo in ritirata.

Calvino non fu mai pessimista e ha sempre creduto nel potere salvifico e di resistenza della letteratura, ma per Harvard elaborò quelle proposizioni ormai notissime - «leggerezza», «rapidità», «esattezza», «visibilità», «molteplicità» - che sono consigli di vita e non certo soltanto di scrittura. E sono vera e propria cultura «made in Italy», come ha scritto il prof. Gianfranco Dioguardi, grande studioso e bibliofilo di origini baresi, che è uno dei fondatori dell’ingegneria gestionale, ma anche di una serie di percorsi culturali di altissimo livello, insignito tra l'altro con la «Légion d'Honneur» francese. Nel suo più recente libro, dal titolo La bellezza della cultura. Uno scrittore e un editore esemplari: Italo Calvino e Franco Maria Ricci (edito con estrema cura e qualità da De Piante), Dioguardi percorre non solo le Lezioni ma anche tutto il bello che abbiamo, facendo «dialogare» attraverso la sua ricerca due protagonisti come Calvino e Ricci, entrambi cultori della scrittura, di quella fiducia nel futuro che la parola scritta ci consegna.

Se Italo Calvino in cattedra a Harvard spiega la differenza tra leggerezza e banalità, questa è appunto un programma di vita, così come l'esattezza di cui parla è uno spazzare via le falsità. È come se l'autore avesse già assistito a ciò che stava per accadere negli anni successivi del Novecento e in questo nostro Terzo Millennio, sul quale Gianfranco Dioguardi ha tanto scritto, indicando strade possibili, sfide e avventure, tutte collegate dalla cultura, da quel senso di bellezza del made in Italy che il mondo ci riconosce e che forse noi stessi fatichiamo a portare avanti.

Dante, Ovidio, il Leopardi dello Zibaldone, tutto riassume l'anelito alla leggerezza che Calvino ci dimostrerà così vicina al peso, all'incisività e a quella rapidità che oggi è un tweet ma che ieri aveva il senso di far sgorgare dall'animo la folla di idee (e non di odio). Sono i labirinti di bellezza, anche interiore, che il grande Franco Maria Ricci, scomparso nel 2020 aveva intravisto e coltivato in tutta la sua vita, scoprendo percorsi delle arti e dell'anima.

Tra le varie collane culturali, ci fu una, riscoperta in questo libro da Dioguardi, che è una «Quadreria» dedicata a Firenze perduta. Si tratta di un libro pubblicato nel 1982 a Milano in tremila esemplari da Franco Maria Ricci e presenta due meraviglie: non solo i dipinti di Fabio Borbottoni che ritraggono una Firenze muta, deserta, inedita e irreale; ma anche un testo sconosciuto di Italo Calvino, dal titolo Il silenzio e la città, un piccolo gioiello letterario che riguarda tutti luoghi, una mappa di geografia umana nella quale Calvino riversa il suo modo di osservare il mondo. C'è un protagonista, il silenzio, che penetra nella città, s'infila per le porte merlate e genera effetti inaspettati, nella gente e persino nel cielo che si scolora. Un'atmosfera da pandemia, una visione che però va molto oltre il rumore e la nullità assordante che ci circondano: anche questo racconto è uno di quelli che meriterebbe una lettura tra i tanti eventi di «Calvino 100».

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