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Rispetto per le donne e l'educazione al sentimento restano le priorità

 
Alessandra Peluso

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Alessandra Peluso

violenza sulle donne

Siamo in una società che spesso viene appellata come patriarcale, ma non lo è più e non è neanche primitiva. È superficiale

Domenica 17 Settembre 2023, 13:26

Sembra essenziale muovere dal pensiero che come la nottola di Minerva illumina ciò che spesso si è soliti non guardare: la Storia. Mostrando per quanto possibile un dipinto complessivo e comprensivo di una memoria rivolta alla donna, e alla quale spesso si è soliti tralasciare. Le donne hanno dato origine alla storia e alla storia del pensiero: e se si studiassero a scuola?

La donna - dalla Modernità ai nostri giorni - si è mossa nel palcoscenico degli attori sociali che obbediscono per lo più a un’economia monetaria legata alla logica del profitto, dell’utilità, dove il singolo fonda la sua vita economica nell’ingenuo e semplicistico ottimismo del concetto di progresso. La donna ancora lotta, si impone per affermarsi come protagonista nel teatro della vita. Una donna che ha bisogno dello sguardo maschile per essere e dell’essere virile per rappresentarsi, insopportabile e inaccettabile ai più che a essa appartenga il pensiero per ricevere ruoli e riconoscimenti.

Il conflitto, la crisi perdurante e pervasiva in una società evoluta coinvolge i generi, la specie umana, i ruoli del maschile e del femminile, laddove è alla ricerca di autorappresentarsi e far valere i propri diritti; che non sia semplicemente uguale al maschio, (non deve esserlo, ha le sue specificità), ma che sia capace di raggiungere la propria appartenenza etico-giuridica all’umanità.

Quando la nottola di Minerva non ha abitato nelle civiltà, la storia ha testimoniato l’avanzamento esagerato del maschile, del patriarcato, nel Sud in particolare, ha soggiaciuto per secoli. Sono i secoli del Medioevo, della nascita del Cristianesimo, tappe storiche in cui la donna era considerata peccatrice, tentatrice, unta dal demonio, per alcuni filosofi è stata a lungo considerata un essere irrazionale, incapace a ragionare. Si pensi poi al mito di Medea, la donna che accecata dal dolore del tradimento dell’amato, uccide i propri figli. La donna in preda agli istinti crea e annulla.

Sappiamo però che la donna non è questo, vero? Le donne nel corso della storia hanno dato vita a movimenti per poter ottenere dei diritti: il diritto al voto, all’aborto, al divorzio. La donna sembra sia destinata alla sofferenza, la simboleggi, la incarni con la vita: per poter ottenere qualcosa che le spetterebbe deve lottare. E persegue questa lotta parimenti il suo dolore che si trascina talvolta in solitudine o sviscerato su denunce e denunce, cercando di conquistare una libertà che per una gran fetta di società ancora non merita. Non le appartiene. Eppure, non dovremmo considerare le donne semplicemente vittime, né dovremmo attuare il «risentimento», quel sentimento che emerge nella dialettica del servo e del padrone, distruttivo, dovremmo educare e formare a far comprendere che la donna è un essere umano, inferiore a nessuno, e come tale deve godere di tutti diritti e doveri di un cittadino; dovremmo insegnare che la donna non ha bisogno di sentirsi tale dallo sguardo maschile: è presenza di per sé. È pensiero e ha un suo pensiero, non è solo corpo.

Non è la narrazione dei corpi che spesso emerge dai social,in modo prepotente, non è un oggetto di piacere: sebbene esista la prostituzione, o si esibiscano corpi come fonte di guadagno, scatenando talvolta vacui sproloqui e pensieri farfugliati e spesso - questo è grave - a esprimerli sono le donne.

Vogliamo la libertà di usare il proprio corpo e quando qualcuna lo fa, viene etichettata, vogliamo la libertà sessuale, ma anche in tal caso piovono giudizi incessanti, paradossi. Vogliamo!?! Ma quanto la «volontà» possa stridere con il «diritto» o con l’«etica», con la dimensione «politica», con l’ambiente provinciale in cui si vive probabilmente sono pochi a chiederselo. I paradossi di una società instabile sono numerosi così come la libertà di uscire e di cadere nelle mani dei lupi, non credo però che le ragazze, le donne escano per cadere nelle mani dei «lupi», sicuramente usciranno per divertirsi, similmente faranno i maschietti, non penseranno di sicuro di cadere fra le pinne delle orche assassine!?! Così come nessuna donna penserebbe mai di essere uccisa dal proprio fidanzato (… ah, se le parole prima di essere emesse dalla bocca fossero ponderate …!).

È necessario, in definitiva, insegnare agli adulti, ai propri mariti, figli, figlie, che la donna merita rispetto, venerazione: qualunque ruolo abbia nella relazione. Siamo in una società che spesso è appellata come patriarcale, non lo è più, non è nemmeno primitiva, è superficiale, s-pensata (termine mio): non pensa, non ha pensiero, non pensa a sé stessa, non si riconosce, non viene riconosciuto un ruolo e non avendo pensiero la società diventa cosalizzata, sottesa da oggetti, corpi inanimati che diventano oggetti di consumo, oggetti di violenze. Le relazioni non sono tessute dagli oggetti, dai corpi. Le reciprocità sono frutto di ragioni. Altrimenti si cade nell’animalesco.

Non sapremo se gli organi competenti riusciranno a comprendere quanto sia prioritaria una corretta educazione: del rispetto, della responsabilità, dell’amore, educare al femminile anche le stesse donne. Educare a essere pensiero. D’altronde, Simone De Beauvoir sosteneva che donne si diventa. Altrettanto si diventa uomini, vale a dire: umani.

Educare al sentimento e alla ragione perché non prevalgano gli istinti di possesso. Educare alla conoscenza perché non emerga l’ignoranza. Educare perché la vita non ha un costo, è il lungo percorso che ciascuno si crea in autonomia, che però per il genere femminile sembra ancora un cammino tortuoso e in salita. Eppure, sono le stesse donne a generare i maschi. Che tormentato paradosso!?! E la libertà? Non si conquista da sole, ma insieme.

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