Sabato 06 Settembre 2025 | 12:55

Ripensare l’universo maschile

 
Lisa Ginzburg

Reporter:

Lisa Ginzburg

Ripensare l’universo maschile

«Bella idea, ma sei troppo avanti, qui non la capirebbe nessuno»

Venerdì 08 Settembre 2023, 14:51

Quindici anni fa, era inverno quando, trovandomi a New York, mi recai in un ufficio non lontano da Central Park, per chiacchierare con due donne fantastiche. Entrambe facevano parte dello staff della Open Society Foundation, e insieme erano a capo di un progetto pilota di cui avevo letto su internet e sul quale volevo sapere di più (per quello ero arrivata lì). Si trattava di un progetto educativo (“rieducativo” sarebbe più giusto dire) per padri di figli maschi della zona del Bronx. Un progetto che verteva sulla mascolinità, intesa come eredità da trasmettere e da insegnare, ma anche, pensata come valore da saper esplorare e rivisitare secondo criteri nuovi, non arroccati su credenze desuete, non ostacolati da blocchi e pregiudizi. Un maschile da ripensare insieme, tenendo conto delle singole provenienze geografiche (nel caso dei residenti del Bronx contava ovviamente l’afrodiscendenza), situazione sociale ed economica, condizione esistenziale.

Al tempo io abitavo a Parigi, e tornata in Francia discussi con un caro amico della possibilità di impostare analogo progetto lì. L’idea di cui parlammo e che ci entusiasmava, presupponeva che io, in qualità di donna e scrittrice, avrei tenuto seminari presso aziende con personale composto di soli uomini, insieme a loro riflettendo su una nozione di maschile in cerca di nuove declinazioni. Su cosa sia essere uomini, adesso.

Venni anche in Italia e discussi analoga idea con un interlocutore che mi sembrava appropriato, e da lui mi sentii rispondere: “è una bella idea, ma sei troppo avanti, qui non la capirebbe nessuno”. Tornata a Parigi sopravvennero altre priorità, abbandonai il progetto. Oggi, quindici anni più tardi, e dopo essere tornata a stare in Italia in pianta stabile, posso dire che sono pentita di avere trascurato quell’ipotesi e di non essermi concretamente prodigata per realizzarla (meglio tardi che mai: non è escluso che mi decida a farlo adesso). Perché non ero affatto “troppo avanti”, volendo attuarla allora. Piuttosto intercettavo una dinamica già in atto, e poi nel tempo acceleratasi in modo verticale e drammatico, secondo un ritmo via via più rapido ed esponenziale. Una dinamica regressiva sul fronte del pensiero della mascolinità.

Non che lo abbiano mai fatto molto, ma di certo sono tanti gli uomini di questo nostro tempo che non affrontano il proprio essere maschi. Molti, moltissimi rifiutano di mettersi in discussione, e il risultato è che il relazionarsi con le donne male lo vivono male, sempre peggio, mostrando un grado di abbrutimento e di ferocia che fa specie, che fa sgomento e paura. Giorno dopo giorno, assistiamo inermi a episodi di violenza perpetrata sulle donne da parte di uomini preda di uno stato patologico. Giorno dopo giorno, scorrendo le notizie leggiamo di femminicidi di sconvolgente, cieca rabbia, crimini guidati da uno schema psicologico che si ripete uguale. Esplosioni di ira funesta, che ha sottotraccia, costante, un livore profondo, incontrollato, verso le donne.

Il progetto sulla mascolinità che avevo in mente di realizzare anni fa, ispirandomi a quello della Open Society Foudation, non aveva dunque nulla di astruso, né era “troppo avanti”. Rispondeva alla necessità di me donna, insieme agli uomini, di ripensare l’identità degli uomini; anche, tematizzando e dando un nome a una pulsione che c’era allora (c’è sempre stata) e che adesso ha assunto forme macroscopiche, e devastatrici in modo inquietante. La pulsione a ottenere una rivalsa sulle donne, a vendicarsi della loro forza luminosa cercando in tutti i modi di spegnerla. Manca l’educazione al rispetto nei confronti delle donne, l’educazione alla gentilezza e alla mitezza. Mancano strumenti mentali per saper gestire le relazioni sentimentali (quella forma di saggezza che comprende, anche, l’accettarne la conclusione, il finire). Manca un’educazione sentimentale (lo ha detto benissimo di recente Dacia Maraini) e manca un’educazione sessuali. Manca una riflessione su cosa sia l’essere uomini in coppia, o partner, o mariti, o/e padri. Cosa significhi essere un uomo in rapporto con il mondo delle donne, senza per questo lasciarsi soverchiare da luoghi comuni passatisti e violenti, ottusi e furibondi, valori marci, atteggiamenti impastati di rabbia, frustrazione, ignoranza.

C’è moltissimo da fare per un ripensamento e una rieducazione in merito alla nozione di maschile. Nei luoghi di lavoro, e prima ancora a scuola e prima ancora in famiglia, va ripensato cosa sia l’essere uomini. Di questo, anche, deve sapersi occupare una cultura autenticamente attenta al sociale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)