Quando Rocco Scotellaro rientrò, nel ‘43, da Trieste, ebbe modo di frequentare a Potenza, Tommaso Pedio, con il quale ebbe un illuminante carteggio da me pubblicato nell’86, dal quale si evince l’adesione concreta e non utopistica al socialismo. Pronipote di Ettore Ciccotti, politico e filosofo potentino vicino a Gobetti, Pedio era vicino alla corrente di Giustizia e Libertà, ma se ne allontanò perché si sentiva uno spirito ribelle e anarchico, deciso a costituire in Basilicata un fronte politico socialista di sinistra rivoluzionaria.
Scotellaro se ne lascia convincere, ma nel dicembre del ‘43, contro ogni previsione fa domanda di iscrizione al Partito Socialista e il 25 tiene in casa un incontro con una sessantina di compagni di Tricarico. «Voglio raggiungere l’intento di coalizzare il paese nel Partito Socialista sì che nessun altro partito che non sia il nostro possa attecchire». Il 6 febbraio del ‘44 Pedio fonda a Potenza un periodico, «Il Gazzettino», «che intende porsi come fulcro della società giovanile antifascista lucana». Scotellaro accetta di collaborare. Ma i due non riuscivano ad intendersi, perché Pedio era un teorico e Rocco pratico e militante, guardava alle condizioni dei contadini. Rocco promuove subito la creazione di leghe aderenti alla Camera del Lavoro e dei consigli di borgo per unire braccianti e contadini. Intanto comincia a frequentare Bari e la casa di Tommaso e Vittore Fiore, che gli sono vicini politicamente e frequenta il senatore Milillo di Sannicandro.
Il 10 maggio 1944 pronuncia un accorato discorso sulla piazza di Tricarico nel quale pone l’accento sul bisogno di una «rieducazione morale e politica del popolo». Nel mese di giugno promuove una manifestazione per commemorare Matteotti con un comizio infervorato in difesa della libertà e dell’abolizione delle classi. Dall’11 al 17 aprile del ‘45 è a Firenze per partecipare al congresso nazionale del PSIUP nel quale si preparano le elezioni per la Costituente. Ma è maturo per accettare un incarico amministrativo, perché ha seminato saggiamente tra i contadini e i futuri elettori ed è visto non soltanto come il bravo poeta ammirato dalla società intellettuale italiana. Il 20 ottobre 1946 si candida a sindaco di Tricarico per il Psiup, il partito socialista di unità proletaria ed eletto resta in carica dal 24 novembre ‘46 al 19 aprile 1948 . È anche l’anno in cui Rocco conosce Carlo Levi, lo scrittore torinese ha da poco pubblicato Cristo si è fermato a Eboli e sta cavalcando un successo strepitoso. Ne diventa inseparabile amico. Nel gennaio ‘47 l’esecutivo nazionale del PSI lo nomina ispettore regionale per il lavoro giovanile, proprio mentre sta costituendo un Istituto scolastico e delle scuole per gli adulti, convinto che la lotta all’analfabetismo sia una forma di promozione dell’emancipazione sociale.
Il 7 agosto 1947 viene consegnato l’ospedale civile di Tricarico, alla cui inaugurazione partecipano Emilio Colombo e il vescovo monsignor Delle Nocche. Il 19 aprile del ‘48 le sinistre italiane subiscono una sconfitta elettorale senza precedenti, in favore del partito democristiano, la sua amministrazione entra in crisi e Rocco si dimette da sindaco. Due anni dopo viene rieletto sindaco nelle liste dell’Aratro, un Fronte Democratico Popolare con Pci, Psi e Indipendenti. In una Basilicata e in un’Italia nella quale stanno trionfando i partiti conservatori che si oppongono al socialismo e al comunismo. Scotellaro sarà destinatario nel settembre del 1949 di un primo e di un secondo verbale nei quali lo si accusa di aver ricevuto ventimila lire per la distribuzione di stoffe ad alcuni concittadini e per malversazione e truffa, con una conclusiva condanna al carcere da parte del tribunale di Matera. Nel fervore della battaglia politica la Democrazia Cristiana incalza contro i sindaci e i comuni di sinistra, incriminandoli di peculato, concussione e altro.
Tra l’8 febbraio e il 26 marzo del 1950, Rocco viene ristretto nelle carceri di Matera con l’accusa di «Concussione e malversazione». Riconosciuto innocente e smascherata la natura politica del procedimento, il poeta viene liberato dopo quarantacinque giorni, ma sono stati sufficienti per fargli intendere che poche persone lo amano e che ha dato troppo a un paese dove la borghesia e la chiesa non faranno nulla per cambiare le divisioni sociali imposte dal fascismo. Si dimette da sindaco, l’8 maggio 1950 e decide di trasferirsi a Napoli, dove frequenta la scuola di Economia Agraria di Portici, chiamato e assistito dal direttore dell’Osservatorio agronomico, Manlio Rossi Doria. Sono anni intensi di studi: l’incontro con Vito Laterza, che gli commissiona un’inchiesta tra i Contadini del Sud,: Michele Mulieri, Chironna, Mangiamele, De Grazia; l’avvio di un romanzo autobiografico che resterà incompiuto, L’uva puttanella, le ricerche sociologiche promosse dalla Svimez e che verranno pubblicate sulla rivista «Nord e Sud», i racconti di Uno si distrae al bivio, la stesura di gran parte di quel centinaio di poesie che saranno raccolte da Levi e pubblicate solo nel ‘54 presso la Mondadori, quei versi straordinariamente vicini alla narrativa neorealistica e tuttavia onirici, venati di inquietudini e politicamente impegnati di È fatto giorno.
Versiche mostrano insieme agli altrettanto postumi Margherite e rosolacci (Mondadori,1978) quanto sia importante per Scotellaro la tradizione letteraria avviata in Lucania da Sinisgalli e da Levi. Quella di Scotellaro ci viene consegnata come una vita brevissima ma straordinaria, un modo di essere uomo e politico assolutamente etico e di grande esempio per i tempi in cui viviamo.