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Nessuno tocchi il reddito di cittadinanza

 
Mario Turco

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Mario Turco

Reddito di cittadinanza, storia di Anna, tra card e lavoro nero

Martedì 22 Novembre 2022, 17:43

Gli italiani sono schiacciati dal caro bollette, l’inflazione – salita al 12% mai così alta dal 1984 - sta erodendo i salari e i redditi dei cittadini, il rischio di una terza guerra mondiale è sempre alto, il Covid rimane una minaccia ed il Governo Meloni pensa ad accelerare sull’autonomia differenziata, a criticare aspramente il reddito di cittadinanza e a modificare il superbonus con la conseguenza che si lavora a spaccare il Paese tra regioni ricche, che diventeranno sempre più ricche e quelle povere, soprattutto al Sud, che resteranno tali, con i loro problemi e le diseguaglianze che si andranno a cronicizzare.

Tutto questo avviene mentre col Pnrr l’Europa si aspetta che le diseguaglianze in Italia diminuiscano invece di aumentare.

In tema di sperequazione e povertà, secondo il rapporto nazionale sul sovra indebitamento, stilato dall’Ufficio studi dell’Associazione Liberi dal debito, sono 7 milioni gli italiani (commercianti e piccoli imprenditori, ma soprattutto famiglie) che non riescono a fare fronte ai propri debiti e più di una famiglia su quattro (il 25,3%) è a rischio povertà assoluta, ossia che il reddito familiare non riesce soddisfare bisogni primari come il cibo, l’istruzione, l’assistenza sanitaria.

Inoltre, in Puglia circa il 61% delle famiglie arriva a fine mese con difficoltà (il 64% in Basilicata).

Ed ancora da non sottovalutare la cosiddetta povertà relativa, ossia, quando in una famiglia, sebbene ci sia un’entrata economica, le persone non riescono ad andare oltre l'essenziale; nel 2021 ha interessato l’11,1% del totale delle famiglie nel nostro Paese e il 14,8% degli individui singoli, con un picco del 32,2% in Puglia (19% in Basilicata).

Famiglie che riducono i consumi di carne e pesce durante la settimana, che non possono riscaldare adeguatamente una casa, che non possono cambiarsi l’auto una volta esaurito il ciclo medio di vita o che non possono permettersi una settimana di ferie all’anno. Anche questa è povertà, seppure «relativa», un indice di mancata crescita economica di una classe sociale, quella media, completamente smembrata, che prima era il motore del Paese.

Dati disarmanti, inequivocabili, che non lasciano spazio ad interpretazioni differenti se non che, ora più che mai, misure di sostegno come il Reddito di cittadinanza vanno potenziate e non svuotate da una destra che utilizza una narrazione di comodo scegliendo di fare la guerra ai poveri e di continuare a privilegiare i ricchi.

La frase pronunciata in un’intervista dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, «Senza il Rdc rimarrebbe solo la Caritas», descrive una situazione drammatica in Italia e soprattutto al Sud.

Il 65% dei percettori del Rdc sono anziani, disabili e minori, persone che non possono lavorare mentre il 20% lavora, sono working poor a cui viene integrato il reddito. Inoltre, il profilo dei percettori nel 70% dei casi è costituito da persone con bassa istruzione, spesso difficili da collocare su un mercato del lavoro tra l’altro per buona parte dell’ultimo triennio condizionato da pandemia e crisi economica.

Non dimentichiamo che il Reddito di cittadinanza è nato principalmente come strumento di protezione sociale per sostenere gli inabili al lavoro, e chi temporaneamente non ha un lavoro o lo ha perso e si trova senza un reddito per sopravvivere.

Il MoVimento5 Stelle si batterà sempre in difesa degli ultimi affinché il Reddito di cittadinanza non venga svuotato della sua valenza sociale e siamo disponibili a migliorarlo, soprattutto in ordine al potenziamento delle politiche attive del lavoro. Allo stesso tempo, cercheremo di spingere per introdurre il salario minimo, ridurre il cuneo fiscale, così come le diseguaglianze sociali, salariali e territoriali.

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