Sabato 06 Settembre 2025 | 17:43

La sinistra sconfitta abbandoni il lutto e inizi una terapia

 
Rosario Antonio Polizzi

Reporter:

Rosario Antonio Polizzi

La sinistra sconfitta abbandoni il lutto e inizi una terapia

La mancata elaborazione del "lutto" si evince anche dal fatto che molte sedi di partito restano chiuse

Venerdì 07 Ottobre 2022, 14:58

Se guardiamo in questo periodo le trasmissioni televisive appare evidente come la sinistra non riesce a metabolizzare il lutto della sconfitta.

Lo si evince anche dal fatto che molte sedi di partito restano chiuse.

Fa riflettere quel fenomeno che sta attanagliando la classe dirigente di sinistra nel senso più largo e profondo della parola che si definisce elaborazione del lutto complicato o patologico.

È evidente come questo fenomeno sta anche modificando il modo di reagire dei dirigenti del mondo definito progressista con manifestazioni di autolesionismo e desiderio di autodistruzione da tutti temuto perché ha come risultato finale la sostanziale assenza di una interlocuzione democratica.

Quel mondo vive un clima poco sereno, dopo un periodo di tensioni non risolte o, se si ritiene forse per qualche ragione, di «non aver fatto abbastanza» quando ce n'era ancora la possibilità. Il momento è quello di sentirsi «in obbligo« di stare male, rinunciando in modo più o meno consapevole a tutte le attività che potrebbero aiutare a sentirsi meglio e a ritornare alla vita politica di sempre.

Non c'è niente di più sbagliato perché questo modo di procedere rappresenta prima il passato, nel bene e nel male, poi imporsi una sofferenza inevitabile che non aiuta nessuno.

Al contrario, dopo un primo momento di stordimento, la classe dirigente potrebbe percepire il desiderio di riprendersi e di dedicarsi ad attività che possono permettere di interagire «socialmente» coltivando le attività per iniziare un nuovo percorso questa volta non basato su un brevissimo tempo decisionale. L’assunzione consapevole del limite diviene irrinunciabile come vera e propria direttiva etica per la stessa pratica «educativa».

È il presupposto che ne fonda la legittimità. Nel momento in cui si pone come obiettivo il totale cambiamento ci si accorge che proprio nei momenti di crisi, in cui tutte le certezze identitarie sono minate al fondo, l’unica strada resta quella di appellarsi alla capacità di storicizzazione, alla possibilità di dotarsi di un nuovo racconto capace di restituire continuità, pur all’interno delle inevitabili fratture.

La necessità di uno sguardo per così dire multidisciplinare restituisce la struttura al percorso. In particolare, è la nozione di terapia (therapeia) che si rivela come strumento concettuale estremamente fecondo.

È qui che trova ragion d’essere la necessità di un lavoro di riflessione autobiografica che coinvolga i caregivers in una costante riflessione sul proprio processo individuativo, «una volta che avrai guadagnato un po’ di tempo per riflettere, potrai dominarti più facilmente» (Epitteto).

Non c’è dubbio che il desiderio promette di farti ottenere ciò che desideri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)