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Da Wojtyla a Bergoglio le scuse per i crimini incompatibili con la fede

Da Wojtyla a Bergoglio le scuse per i crimini incompatibili con la fede

 
Michele Partipilo

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Michele Partipilo

Da Wojtyla a Bergoglio le scuse per i crimini incompatibili con la fede

Francesco è andato in Canada per la medesima ragione: chiedere scusa per i trattamenti e le violenze su 150.000 bambini indigeni canadesi a partire dal 1880

Martedì 26 Luglio 2022, 13:59

«Il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale tra di voi è di rinnovarvi la richiesta di perdono per i modi in cui purtroppo molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni». Con queste parole, dopo il viaggio annullato in Africa, è entrato nel vivo il viaggio del Papa in Canada. Una traversata in tre tappe che si concluderà il 29 luglio e che metterà alla prova la tenuta fisica dell’anziano (86 anni in dicembre) Pontefice.

All’arrivo Francesco era apparso di buon umore, sebbene sulla sedia rotelle che non ha mai lasciato, neppure per ricevere i saluti del premier canadese Trudeau e del primo governatore generale indigeno, Mary Simon. Le immagini di quella sedia a rotelle, hanno ricordato un altro papa, Giovanni Paolo II. Anche gli obiettivi della visita hanno richiamato il pontificato di Wojtyla, che si era caricato la croce di chiedere perdono per tutte le colpe commesse dalla Chiesa in duemila anni.

Francesco è andato in Canada per la medesima ragione: chiedere scusa per i trattamenti e le violenze su 150.000 bambini indigeni canadesi a partire dal 1880. Allontanati dalle famiglie, costretti a non parlare la loro lingua e a ignorare la cultura dei padri con l’intento di «rieducarli», nel quadro di una politica di assimilazione forzata, finirono per volontà statale in istituti cattolici, le cosiddette «scuole residenziali». Una violenza che avrebbe portato alla morte almeno seimila ragazzi e ragazze. L’anno scorso sono state scoperte circa 1.300 sepolture anonime, tutte nei pressi dei 139 istituti che, dal 1831 al 1996, erano stati destinati alla «educazione» di quei giovanissimi. «Di fronte a questo male che indigna - ha detto ieri Bergoglio - la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli. Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene».

Il caso delle «scuole residenziali» è stato un evento drammatico per l’intero Paese e uno shock per le gerarchie ecclesiastiche, chiamate a rispondere anche in sede giudiziaria. Una commissione d’inchiesta del governo ha definito «genocidio culturale» quelle deportazioni, nell’ambito delle quali si sono verificati anche molti casi di stupri e violenze da parte di religiosi e sacerdoti pedofili. «Quello che la fede cristiana ci dice è che si è trattato di un errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo», ha detto il Papa nell’incontro con le popolazioni indigene a Maskwacis, dove - sempre sulla sedia a rotelle - si è soffermato in preghiera nel cimitero dei nativi, adiacente all’ex istituto per indigeni Ermineskin.

La questione scuole residenziali ha avuto già strascichi economici, con lo Stato canadese impegnato a pagare alcuni miliardi di dollari in risarcimenti e con la Chiesa cattolica che ha stanziato due tranche di 50 e di 30 milioni di dollari con la stessa destinazione.

Il viaggio penitenziale di papa Francesco ha fatto storcere il naso negli ambienti più conservatori, che avrebbero preferito una missione del Papa in Africa, visti i continui massacri di cristiani e di cattolici, o anche nell’Est europeo, a cominciare dalla più volte ipotizzata missione in Ucraina.

Accanto all’eventuale viaggio a Kiev, la presenza di Bergoglio – obiettano da alcuni ambienti ecclesiastici – sarebbe stata più necessaria in Paesi come Ungheria o Polonia, dove i cristiani sono impegnati in una gigantesca opera di assistenza a milioni di profughi ucraini. Peraltro, si argomenta, sarebbero state visite a corto raggio, che sarebbero risultate meno costose e meno impegnative per la salute dello stesso Pontefice.

Del resto la questione nativi canadesi era già stata affrontata dalla Santa Sede. Giovanni Paolo II andò in Canada nel 1984 e nel 1987 e, in entrambe le occasioni, ebbe incontri con i nativi, esaltandone la cultura, ma anche il rinnovamento portato loro dal cristianesimo. Benedetto XVI incontrò in Vaticano i nativi canadesi già nel 2009, pronunciando una richiesta di perdono che sembrava soddisfacesse tutti. Senza contare l’articolata visita a Roma dal 28 marzo al 1° aprile 2022 dei loro rappresentanti (32 esponenti dei tre ceppi riconosciuti – i meticci, gli Inuits e le Prime Nazioni) in seguito allo scandalo delle sepolture anonime.

Ma evidentemente tutto questo non è stato ritenuto sufficiente sotto un profilo religioso e, forse, anche sotto l’aspetto economico legato alle richieste di risarcimenti.

Le scelte di Bergoglio degli ultimi tempi non sono sempre state decifrabili, vedi annunci e dietrofront sulle visite a Kiev o a Mosca. Una situazione che fuori dalle mura Leonine dà l’impressione di una debole sintonia fra le parole e le azioni del Papa e le parole e le azioni della Segreteria di Stato.

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