La luna di miele in genere coincide con il periodo del viaggio di nozze, ovvero il momento che per una coppia si ritiene sia il più felice. I giornalisti americani definirono luna di miele i primi cento giorni di attività del presidente Usa, perché il Congresso e la gente lo lasciavano fare, in attesa di capire la sua politica.
Fra qualche giorno, la guerra in Ucraina arriverà al centesimo giorno e dunque si compirà la «luna di miele» fra il presidente Zelensky e i leader europei, fra il popolo ucraino e i media europei e americani. Non è solo un traguardo simbolico dell’inutile strage, è verosimile che segni anche il passaggio al conflitto a lungo termine. Ci sono segnali evidenti in tal senso. A cominciare dal riposizionamento dei leader politici – vedi le precisazioni sui tempi per l’ingresso nella Ue – per finire alla rilevanza mediatica della guerra in sé, soprattutto nei talk show.
Tra coloro che sin dal 20 febbraio hanno appoggiato senza se e senza ma la resistenza ucraina, condannando apertamente l’invasione russa, sono cominciati i distinguo. In certa misura è comprensibile, perché sono crescenti le difficoltà e i timori causati dalle sanzioni varate contro Mosca. Soprattutto in materia energetica, con l’affannosa ricerca di fornitori alternativi di gas e petrolio, i cui prezzi continuano a restare altissimi non perché vi sia carenza di prodotto, ma per semplice speculazione. Putin, infatti, non ha mai chiuso i rubinetti e anche la questione dei pagamenti sembra aver trovato una soluzione: continuiamo a pagare in dollari su un conto in doppia valuta da quale i russi prelevano in rubli. Ne consegue che sia noi che i russi rispettiamo (formalmente) le rigide sanzioni commerciali.
Oltre le questioni economiche vi sono quelle più squisitamente politiche. Grazie anche al puntuale lavorio della propaganda putiniana, affiorano sofismi e puntualizzazioni. Risultato: il governo fa fatica a portare avanti progetti pro-Ucraina. Dalla fornitura di armi allo stanziamento di fondi c’è una crescente ostilità che rischia di mandare a monte la maggioranza. In più, molti sono convinti che ormai la guerra andrà per le lunghe e che non è immaginabile uno sforzo economico in favore dell’Ucraina che possa andare di pari passo. Anche perché l’impennata dei costi energetici sta mettendo in ginocchio larghi settori produttivi, che quindi reclamano interventi e sostegni. Se denaro bisogna spendere, prima gli italiani. Da più parti emerge poi un anti-americanismo di ritorno, abilmente camuffato e contornato da distinguo del tipo sì al Patto atlantico, no alla Nato; sì agli aiuti ma non come vorrebbe Biden; sì alla fornitura di armi ma solo a quelle difensive.
Ma è nell’opinione pubblica che si avverte maggiormente la fine della «luna di miele». All’entusiasmo nell’accoglienza o nell’invio di aiuti umanitari, che aveva caratterizzato le prime settimane del conflitto, si va lentamente sostituendo una sorta di indifferenza. Aiutata in qualche modo dall’affievolita paura nucleare. Lo spettro dell’uso dell’atomica da parte dei russi sembra quasi scomparso. Dunque che la guerra vada avanti, con il suo carico di morti e di distruzione, ma in modo convenzionale, cosicché non ci coinvolga più di tanto.
Anche lo schieramento pacifista sembra perdere colpi. Forse perché in molti si sono accorti di essere stati usati come strumento di pressione sui leader politici per arrivare a una tregua e consacrare quindi uno status quo, ovvero legittimare l’invasione russa. A parlare di pace è rimasto solo papa Francesco. Pur comprendendo le mille insidie di natura diplomatica e religiosa da cui il Vaticano deve guardarsi, va detto però che ha avuto un atteggiamento ondivago: prima la pace a ogni costo; poi l’appoggio a Zelensky e l’idea di andare a Kiev; ancora dopo la disponibilità ad andare a Mosca per incontrare Putin; infine – visto il silenzio del Cremlino e il peggioramento dei rapporti con il Patriarcato ortodosso – è tornato a un esplicito appoggio agli ucraini.
E veniamo alla televisione che, attraverso i talk show, rappresenta un po’ il polso della situazione. Dal coro pro-Ucraina si è passati a trasmissioni dove ormai i filo-putiniani – alcuni sotto mentite spoglie, altri a viso aperto, come giornalisti e politici russi – stanno diventando la maggioranza. Non si tratta solo di aizzare risse per guadagnare qualche punto di share. È la guerra che non fa più notizia, né la fanno più gli appelli di Zelensky o le immagini di bambini in fuga. L’assuefazione è già arrivata e ormai arriverà sempre più in fretta per via del modo ossessivo di fare informazione, con il continuo bombardamento di notizie (o pseudo tali) che manda tutti in overdose. È purtroppo il modo più efficace perché la gente perda di interesse a quanto le accade intorno e quindi si astenga dal dibattito pubblico, diventando così sempre meno attenta alle scelte che vengono fatte nel suo nome.
È triste doverlo dire, ma anche questa luna di miele volge al termine.