Da quanto tempo va avanti la sfiducia degli italiani nella politica? Dieci, forse 15 anni, o forse di più visto che Montanelli ben prima consigliava di turarsi il naso prima di recarsi nelle urne. Di certo il sondaggio internazionale della francese Fondation pour l’inovation politique, in collaborazione con l'Iri - International Republican Institute (Usa), diffuso nei giorni scorsi e condotto su un panel di cittadini dei Paesi europei, ci ha ricordato come gli italiani vivano il loro rapporto con la democrazia e le istituzioni che la rappresentano. E non è un bel vivere. Se il 58% non ha piena fiducia nella democrazia del Belpaese, l’82% manifesta insofferenza e diffidenza soprattutto nei confronti dei partiti. Ovvero quelle “libere associazioni” di natura politica che - invece - dovevano essere il luogo privilegiato della democrazia “dal basso”, della partecipazione, della condivisioni di principi (mai sia chiamarli ideologia! Oggi la rinnegano tutti), della comunità democratica.
Già i partiti. Il «basso» che doveva portare in «alto» la cittadinanza, le professioni, l’agricoltore e il medico, l’avvocato e il commercialista nelle istituzioni elette, il Parlamento, e così realizzare quella democrazia che oggi gli italiani guardano con sfiducia. Oggi sembra tutto svanito. I partiti, purtroppo, sono diventati delle piccole e chiuse oligarchie, dove col «Porcellum» o il «Rosatellum» si decide a tavolino, nei corridoi delle trattative interne, chi dovrà risultare eletto nei collegi. Ed ecco che la sfiducia degli italiani monta sovrana. Se poi ci aggiungiamo le commistioni (di idee, principi e persone) che i partiti, negli ultimi anni, hanno messo in campo intavolando alleanze improbabili, allargamenti strategici, coalizioni litigiose e governi inevitabilmente «tecnici», pur di bypassare l’ineludibile appuntamento con la democrazia delle urne, il gioco è fatto. Eccola lì, col suo sguardo impietoso, la sfiducia degli italiani.
Beninteso, non si tratta di guardarsi sempre indietro e rimpiangere Berlinguer o Almirante, a seconda delle simpatie politiche, dinanzi all’infelice scenario dei partiti di oggi. Più semplicemente, anni di colletti bianchi e «Terra di mezzo» (le connivenze tra politica e malaffare) e, almeno dal 2013, il vento dell’anti-partitismo portato dai Cinque Stelle, hanno definitivamente steso quel che restava della credibilità dei partiti. Finiti nei libri di Stella con la maschera dei centurioni nei «Baccanali» del consiglio regionale del Lazio. L’anti-partitismo, poi, è durato finché anche chi prometteva rivoluzioni e aperture del Parlamento come una scatoletta di tonno, guadagnando milioni di consensi, non è diventato più partito degli altri. Il civismo? Una bella bandiera da sventolare ovunque, soprattutto nei territori, con cui - ancora una volta - i partiti sfiduciati dall’82% degli italiani si nascondono nelle urne, rastrellando quei voti che una sempre più bassa partecipazione alle urne gli consegna. Tutto finito?
Gli italiani (e i pugliesi non fanno eccezione) hanno bisogno di speranze, di idee e visioni sul futuro, di progetti veri e politiche sociali, che impattano cioé sulla loro faticosa quotidianità. Ecco, hanno bisogno di democrazia e la cercano ovunque. Tranne che nei partiti. Almeno finché non torneranno ad essere «democratici» come una volta.