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Vanoli, odiare (e amare) l’estate: arte, miti e cicale nel nuovo libro

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Vanoli, odiare (e amare) l’estate: arte, miti e cicale nel nuovo libro

Un bellissimo saggio che conclude la serie «Le Stagioni», dal titolo Estate (Il Mulino, pagg. 225, euro 18,00), libro che segue i precedenti Inverno, Primavera e Autunno

Venerdì 30 Giugno 2023, 10:06

Non è un giallo, quindi possiamo svelare con tranquillità la conclusione: Alessandro Vanoli odia l’estate. Ma ha scritto un bellissimo saggio che conclude la serie «Le Stagioni», dal titolo appunto Estate (Il Mulino, pagg. 225, euro 18,00), libro che segue i precedenti Inverno, Primavera e Autunno. L’autore, esperto di storia mediterranea, tema su cui tiene una rubrica per la nostra «Gazzetta», arriva al punto finale con la meravigliosa canzone di Bruno Martino del 1960, Odio l’estate, partendo però da un sentimento opposto e cioè da un amore istintivo e naturale per tutto ciò che questa stagione caliente simboleggia.

E così, muovendo dalla nostalgia che ci prende quando l’estate sta finendo (altra canzone!) Vanoli ci fa viaggiare, pagina dopo pagina, tra miti ancestrali, coltivazioni di frumento, descrizioni dell’estate che vanno dalla Bibbia ai grandi della poesia.

Un percorso che chi legge compie quasi senza accorgersene, perché anche se secoli distanziano il «Midbar» e cioè il deserto biblico, da quell’eterno «ascolta, piove» de La pioggia nel pineto, lo spirito della calura e del fresco estivo è tutto lì, tra i mirti mediterranei e le cicale di fine giugno. Già, cicale, cavallette e locuste che Alessandro Vanoli racconta con sapienza nel volume, partendo dall’antico mito della musa-cicala e giungendo alle emergenze dei cambiamenti climatici in atto, quelli che rendono le nostre estati un po’ insopportabili.

Ma l’estate è tutta una festa. Ed ecco la tradizione dei falò di San Giovanni, che la Chiesa voleva spegnere perché troppo pagani; ecco i riti del solstizio che qui in Puglia ben conosciamo, non solo nella cattedrale di Bari, ma anche in tantissimi altri luoghi come l’incanto della chiesa di S. Felice in Balsignano a Modugno, o San Leucio o ancora Otranto, Conversano, Siponto e tanti altri luoghi di straordinario interesse.

L’estate delle guerre, carica di afa, polvere, sete e insetti: capitò anche all’esercito di Federico II nel lontano 1238 o ai Crociati del luglio 1099 attorno a Gerusalemme. A noi, che per tutto l’inverno abbiamo visto il sacrificio dei soldati immersi nel gelo dell’Ucraina, queste immagini – anche del primo e secondo conflitto mondiale – dicono molto di più.

Meglio spostarsi a San Pietroburgo e godersi l’incanto: «Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che forse esistono soltanto quando si è giovani, caro lettore», scrive Dostoevskij sotto il cielo de Le notti bianche. Pensate che a quel tempo il grande scrittore era poco più che ventenne e il suo entusiasmo per quel cielo stellato e luminoso gli rendeva impossibile credere che sotto quella bellezza estrema vivessero «uomini collerici e capricciosi». Quanta attualità in questo capolavoro! Lo stesso sentore si ha quando si leggono le pagine dedicate all’arte, in cui Vanoli ha riversato il giallo e il sole dei grandi pittori, le storie, i colori estivi e quel senso dell’infinito che solo questa stagione (da amare o da odiare) sa avere. Prendiamo solo uno dei tanti esempi, l’estate dei bagnanti sdraiati al sole accennati nel 1915 da Edward Munch nel dipinto Alta estate, nonché quella calda luce generata dalla fantasia realistica di Edward Hopper in Summertime (1943).

Anche a latitudini diverse, l’estate non cambia, così come non muta aspetto nelle diverse ere, nelle classi sociali, nei Paesi del mondo. Se i nobili goldoniani inviavano bauli quando cominciò la moda della campagna, se già nel Rinascimento il turismo termale era una realtà, il trolley infilato nelle code sudaticce dei nostri tempi tra low cost e crociere, è solo una delle mille varietà attuali dell’interminabile smania delle vacanze.

Insomma, dopo tutto questo bel descrivere ed analizzare, Vanoli confessa alla fine del suo libro di odiare l’estate e, come per ogni odio, rivela a tutti il suo amore. Per la natura, per il Mediterraneo.

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