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«Il cinema è cambiato, ora deve reinventarsi»: parla il produttore barese Maselli

 
Valentina Nuzzaci

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Valentina Nuzzaci

«Il cinema è cambiato, ora deve reinventarsi»: parla il produttore barese Maselli

Silvio Maselli

La pandemia ha impresso un cambiamento radicale aprendo all’egemonia delle piattaforme televisive

Sabato 19 Marzo 2022, 17:00

Anni difficili questi per il cinema. Lo sanno bene i produttori cinematografici che si interrogano sul futuro. Cosa fare per competere con la tirannia delle piattaforme televisive cresciuta con la pandemia? Silvio Maselli, già assessore alla Cultura del Comune di Bari, oggi co-founder della casa di produzione Fidelio insieme a Daniele Basilio (anch’egli ex Apulia Film Commission), l’attore e regista Valerio Mastandrea e la nota coreografa Elisa Barucchieri, spiega alla “Gazzetta”: «Si va avanti, testardamente».

Dopo due anni di emergenza, in che direzione vanno il cinema e la cultura in generale?

«Distinguiamo: la pandemia ha modificato il cinema e tutti i contenuti audiovisivi, indotti al cambiamento dalla digitalizzazione, mentre la cultura intesa come spettacolo dal vivo, come danza, prosa o spettacoli di intrattenimento, è stata solo bloccata temporaneamente, senza che l’impatto dell’offerta digitale ne abbia trasformato i contenuti. Oggi i teatri sono pieni, mentre i cinema vuoti. Questo è dovuto alla diffusione delle piattaforme streaming che hanno compensato il vuoto creato dalla pandemia. Esse hanno permesso alla gente di conservare la sensazione di essere vicini ai propri attori preferiti, rimanendo però all’interno delle proprie case perché impossibilitati ad uscire. Il cinema quindi è profondamente cambiato, nessuno sa se per sempre. Dipenderà da come sarà capace di reinventarsi, anche attraverso l’utilizzo intelligente delle risorse pubbliche tese al rinnovo, ad esempio, delle sale, trasformandole in qualcosa di più specializzato a livello tematico, magari più piccole nelle dimensioni, ma inserite in contenitori culturali di prestigio. Inoltre, esiste ormai un’offerta cinematografica molto più commerciale di prima, che soddisfa la grande massa, in cui tutte le fasce intermedie di pubblico sono sparite, per lasciare spazio all’utenza di nicchia, i cosiddetti film d’autore».

L’isolamento sociale imposto dalle norme anti covid ha favorito l’ulteriore sviluppo e diffusione delle piattaforme streaming che, di fatto, rendono fruibile il film comodamente da casa. Esiste ancora un margine di sorpasso per le produzioni cinematografiche tradizionali?

«Nessuno lo sa, ma ciò che noi produttori cinematografici dovremo fare è creare sempre più film verticali, ossia fortemente specializzati. Il nostro cinema non ha la grande vocazione del cinema americano ed ora anche di quello asiatico, le nostre non sono quasi mai grandi produzioni e quindi l’obiettivo sarà quello di rendere la fruizione del film in sala diversa dal solito, interattiva attraverso la realtà aumentata, la realtà virtuale, l’intelligenza artificiale. Insomma, il noto metaverso, ossia un mondo parallelo totalmente digitale. Si passerà quindi dal classico storytelling, al moderno storyliving».

Da assessore alla cultura a produttore cinematografico. Il salto (che alla fine è più un ritorno alle origini) è stato indolore? E cosa le manca (se le manca) della politica?

«Il salto non è stato per nulla indolore. Quando abbiamo iniziato con questa avventura targata Fidelio, subito, nel marzo 2020, ci è piombata addosso la pandemia che ha bloccato tutti i progetti. Ma noi siamo stati bravi e abbiamo resistito e pazientato. E oggi possiamo dire che il 2022 si stia generosamente rivelando un anno fertile. Della politica, invece, mi manca sicuramente la dimensione collettiva, pubblica, il contatto con la gente, i dibattiti, anche se io continuo a respirarne le atmosfere attraverso l’associazione politico culturale La Giusta Causa che mi vede tra i suoi promotori. Di sicuro, invece, non mi manca l’amministrazione, la gestione amministrativa, che è diversa dalla politica».

«Vetro», il primo film prodotto dalla sua Fidelio, è in concorso e in anteprima al Bif&st 2022 e in aprile sarà nelle sale. È una pellicola che parla di solitudine giovanile, tema più che mai attuale. Qualche anticipazione?

«È una storia che ci è arrivata da due autori talentuosi, Luca Mastrogiovanni e Ciro Zecca, e che ci ha subito incuriosito. Parla di una ragazza, interpretata dalla brava Carolina Sala, che vive a casa con il padre e che sceglie di fare della propria abitazione il suo unico mondo. Lei è una hikikomori, termine giapponese che definisce le persone che hanno deliberatamente scelto di interrompere ogni interazione con l’esterno, azzerando la socialità. Ce ne sono più di centomila solo in Italia. Ma quando la giovane protagonista si rende conto, attraverso la sua finestra, (e qui è chiaro l’omaggio ad Hitchcock e al suo La finestra sul cortile) che sta accadendo qualcosa al di fuori della sua sicurezza domestica, decide finalmente di interagire. Lo fa chiaramente attraverso internet e sempre attraverso il mondo digitale si innamora di un ragazzo. E alla fine di questo film, che è a tutti gli effetti un thriller, la morale è: le donne si salvano da sole e non hanno bisogno di un uomo, tantomeno di un inesistente principe azzurro, per risolvere i propri problemi. Le fiabe che sono state raccontate loro per secoli servivano a renderle succubi di un sogno che invece le stava soggiogando intenzionalmente. Vetro è un thriller psicologico con un finale sorprendente, ma non dirò di più, perché tocca vederlo al cinema».

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