Dura la vita, se sei la figlia di un beccamorto, in età da maritare. Perché i tuoi fidanzati, alla vista incombente degli strumenti mortuari, fuggiranno tutti a gambe levate. Eppure, forse, C’è posto per te: così recita il titolo della nuova commedia di Gianni Ciardo, scritta, diretta e interpretata dal noto artista barese.
La pièce torna in scena al Teatro Forma di Bari sabato 26 e domenica 27 febbraio (rispettivamente alle 21, e alle 19), ed in replica il 5 e 6 marzo, agli stessi orari (infotel: 080.501.81.61, biglietti in vendita al botteghino e su vivaticket.it).
Lo spettacolo ha debuttato a dicembre in un periodo reso difficile dalla pandemia, ma ora torna finalmente in scena con il suo carico di esilarante comicità, che ruota attorno al protagonista: lui è Felice La Gioia (interpretato da Ciardo), che ha a che fare con sua figlia (Marilù Quercia), il nuovo fidanzato di lei (Vito Latorre) e una cameriera tuttofare (Francesca Di Cagno). È il classico gioco teatrale che punta sull’equivoco e sul rovesciamento continuo delle situazioni: la figlia non riesce proprio ad accasarsi e il suo nuovo boyfriend - l’ottavo per la precisione - è ancora ignaro di cosa lo attenderà in casa La Gioia; a completare il quartetto che esegue alla perfezione un contrappunto di equivoci, malintesi e faccende vorticose, c’è una colf che in realtà non riesce a fare quasi nulla di ciò che le viene chiesto.
Persino il futuro suocero non gradisce il lavoro del genero. E dire che questi è ancora all’oscuro del campo in cui armeggia Felice. Sino a un finale sorprendente.
«Per questa nuova commedia - spiega Ciardo - ho preso spunto da Il cassamortaro, una celebre gag di Gigi Proietti. L’ho riletta a modo mio. La volontà è quella di ridere anche di ciò che attende tutti con certezza: la morte».
Qual è il suo rapporto col fin di vita?
«L’ho sempre vista come una soluzione. Sapere che tutto finirà ha i suoi enormi vantaggi: al termine del percorso di ognuno di noi, le sofferenze, gli intrighi, le gelosie, l’arrivismo, lo sgomitare continuo, la brama dei soldi perderà qualsiasi significato. Come diceva Alfred Einstein? “La vita era un sogno…ora siamo svegli”».
Sembra di capire che si tratti dell’ennesimo spettacolo che un istrione come lei si è cucito addosso.
«Mi piace riflettere sull’esistente e magari creare dei nuovi tormentoni. Dall’altro lato ragionare sulla vita e la morte è qualcosa che il teatro può insegnarci mirabilmente».
Lei ha fatto lo stesso percorso anche con «Novecento» di Baricco, portato in scena con grande successo al Teatroteam.
«È uno spettacolo che rifarò sicuramente. Anche perché quando ho incontrato Baricco, chiedendogli di poter utilizzare il suo testo, è stato spontaneamente entusiasta. Mi chiese: “Ma tu pensi, o hai già deciso di farlo?”. Gli risposi la seconda. E lui mi disse subito: “E fallo!”».